giovedì 30 giugno 2011

Il Cuore Nero dell'Africa...

Ci siamo, il transfer per l’aeroporto e’ arrivato; carico tutto e comincia il viaggio attraverso una Tana notturna e terribilmente degradata. Le strade deserte sono il regno di prostitute che attorno ad un un falò improvvisato attendono i clienti. Ho visto bande di bambini accovacciati agli angoli delle strade che cercano di scaldarsi pigiandosi come fanno le pecore, altri che cercano del cibo nella mondezza disputandoselo con dei cani. Mi chiedo come sia possibile tutto questo, mi chiedo il motivo di tutta questa miseria e purtroppo non ho nessuna risposta…

Sono stordito nel vedere tutto questo quando un rumore mi scuote. La macchina che mi sta portando all’aeroporto ad un incrocio ha qualche sussulto e avanza a fatica; mi guardo attorno e vedo in lontananza una gruppo di persone che cominciano a venire verso di noi e fischiano, come per richiamare qualcun’altro. In quel momento provo puro  e genuino terrore, dato che se la macchina dovesse fermarsi ora c’e’ una buona probabilita’ che mi succeda qualcosa di brutto, ma dopo qualche saltello la macchina sfreccia verso la mia destinazione

Appena arrivo il check-in e’ aperto e come all’andata mi dicono che non posso potare due bagagli a mano, dato che eccedono i 12 kg previsti e mi dicono che devo mettere il surplus dentro le valigie. Io rispondo che con me viaggia materiale scientifico molto fragile e costoso e sono disposto a metterlo  in valigia alla condizione che l’addetto mi dia la sua garanzia che arrivera’ intatto a Venezia, altrimenti devo essere risarcito; alla fine mi danno il permesso dei due bagagli a mano e comincia la parte divertente, il passaggio al metal detector…

Appena arrivo devo togliere tutta la strumentazione elettrica, macchine fotografiche, registratori, computer, e farla passare ai raggi X. La parte comica riguarda gli idrofoni che sembrano dei microfoni e alla domanda cosa ci faccio con questo materiale mi verrebbe da rispondere “in realta’ sono una spia”, ma so che causerebbe poche risate e quindi mi limito a dire che e’ materiale scientifico. Appena passo la dogana passeggio nella sala d’aspetto e capisco che adesso l’Africa e’ lontana…

C’e’ una cosa che mi colpisce subito; qui non ci sono piu’ gli odori dell’Africa; manca il pesce marcio, il mais bruciato, la cassava bollita,e il sudore delle persone che arrostiscono al sole. Qui ci sono negozi con le vetrate, e’ tutto pulito ma soprattutto mi guardo attorno e vedo una gran massa di Muzungu e solo qualche distinto signore credo malgascio che attende l’imbarco e non ha niente d’africano, se non il colore della pelle. Qui e’ tutto freddo, asettico, silenzioso, senza calore umano, qui non c’e’ piu’ il grande cuore nero dell’Africa…

Arriva il momento dell’imbarco e non ci sono autobus che ti portano all’aeromobile per cui passeggi per circa un centinaio di metri fino alla scaletta. In quel momento capisco che adesso me ne sto andando davvero e i passi si fanno come pesanti. Da sopra la scaletta non si vede nulla, ma e giusto cosi’; questo e’ l’ultimo cerchio che si chiude qui in Africa. Sono arrivato di notte due mesi e mezzo fa e me ne vado via nuovamente con il buio. Adesso intuisco cos’e il mal d’Africa; e’ una sensazione che non si puo’ spiegare, accade e basta se hai vissuto dentro questa terra, non facendo il turista: se hai condiviso il cibo in un piatto comune, il tetto di case di lamiera, le risate giocando a domino, i silenzi dell’Oceano e il suo cielo stellato, allora questa Africa ti ha accolto e non ti fa scappare tanto facilmente. La saluto con un sorriso guardando le stelle sopra di me e salgo in aereo…

Sono cosi' stanco che mi  addormento subito e quando mi sveglio sotto di me ci sono le coste dell'Africa e comincia il Mar Mediterraneo. L'Europa e' sempre piu' vicina e quando atterro mi sento gia' a casa. Dopo l'ennesimo passaggio al metal detector  arrivo al duty-free e qui mi siedo, bevo un cappuccino (si lo so che non e' italiano, ma ne avevo voglia) e sfoglio Repubblica. Quando finisco mi guardo attorno e riconosco subito il mio gate di imbarco dalle facce italiane delle persone; inconfondibili...

Ultimo aereo per Venezia e quando scendo dalla scaletta un forte sole quasi mi acceca e sento subito un'inconfondibile idioma che recita "ara xse ti vol moverte co chee vaise" (guarda se vuoi muoverti con quelle valigie) che mi fa pensare "Sono proprio a casa". Esco e finalmente ritrovo la mia Meta' del Cielo e alla sera mi godo una pizza, spritz con birra in bottiglia. Prima di addormentarmi penso per un attimo all'Africa, cosi lontana adesso, ma sempre dentro di me...

1 commento:

  1. Tsaramaso resisterà e non ti dirà che il Madagascar è ancora Africa.
    E che Antananarivo vuol dire la città dei mille, come le sue contraddizioni.

    Non te lo dirà, perché è di parte e quella è la sua Africa.

    Buon proseguimento, Xeno, non ci lasciare però!

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