giovedì 27 ottobre 2011

La Mia Terra Ferita...

Sono arrivato all’aeroporto con un buon anticipo; sbrigo le formalita’ dei bagagli e dopo il passaggio al metal detector mi sento praticamente a casa. Tutto pulito e asettico, mi siedo ad un internet point per aggiornare il blog quando ecco che sento una voce che prega il “passeggero Bonato Marco di presentarsi con urgenza al gate d’imbarco”. Immagino gia’ per cosa sia, ovvero i miei campioni di tessuto.

Quando arrivo al gate, sono un po’ agitato, e trovo anche un signore europeo, che poi si e’ rivelato essere un ricercatore svedese, che mi parla in perfetto inglese e mi chiede che cosa trasporto. Quando gli dico che trasporto 9 miseri strisci di pelle e dalle Comore mi sorride e mi dice “Tranquillo, non succederà niente, io porto una tartaruga intera, ma e’ sempre la stessa storia, se hai i documenti non andrà tutto bene”.

Poco dopo arriva una sorta di responsabile dell’aeroporto che controlla il mio permesso e appena legge che i campioni non provengono dal Madagascar mi rida’ il foglio dicendo “Questi campioni provengono dalle Comore, non e’ affare nostro, puo’ andare.”. Praticamente potevo avere anche una bomba batteriologica, ma dato che non e’ del Madagascar non e’ colpa sua. Io non mi faccio ripetere la frase due volte, sigillo tutto e m’imbarco sul mio aereo.

Quando vedo l’aereo sento una sensazione strana, credo sia mal d’Africa, ma e’ anche la certezza di tornare a casa. James Joyce scrisse una bellissima raccolta di racconti chiamata “Dubliners” (Gente di Dublino), in cui i protagonisti hanno una sorta di rapporto di amore ed odio verso la loro isola, l’Irlanda. Credo che chiunque nasca e viva in un’isola abbia questa sensazione, di voglia di ritornare a casa, ma di sentirsi anche come chiusi in una gabbia.

Non saprei bene come spiegarla, ma ogni volta che ritorno a Venezia e’ cosi’; parafrasando una canzone di Cristiano De Andre’, e’ il ritorno alla mia “terra ferita, che un po’ mi confonde…”

mercoledì 26 ottobre 2011

Specchio...

Specchio…

Oggi e’ il mio ultimo giorno qui in Africa, o meglio, dato che il mio aereo partira’ dopo la mezzanotte dovrebbe essere il mio penultimo giorno, ma non sono cosi’ fiscale. Oggi non devo fare un bel niente e quindi mi aspetta un’interminabile attesa. Cosi’ ho fatto colazione con calma, preparato tutti i bagagli con cura e fatto una bella doccia, cercando di usare tutto il tempo a mia disposizione e poi mi sono soffermato su una cosa; lo specchio…

Lo specchio e’ un oggetto molto particolare, e formato da una lastra di vetro appoggiata sopra ad una lamina di metallo, di solito alluminio.Lo specchio ha la capacita’ di poter riflettere le immagini, ma in modo falso. Se sollevate la mano destra l’immagine, il vostro doppio dentro lo specchio sollevera’ la sinistra quasi a farvi un dispetto.

Innumerevoli sono i racconti fantastici che hanno per co-protagonista quest’oggetto, il piu’ celebre credo sia “Alice nel Paese delle Meraviglie” in cui la protagonista entra in un mondo nuovo attraverso uno specchio per l’appunto, per non parlare poi di Biancaneve con la perfida strega che parla allo “specchio delle mie brame” per sapere “chi e’ la piu’ bella del reame”; ma la piu’ grande delle magie avviene se si avvicinano due specchi, la cui immagine riflessa viene riprodotta infinte volte dando un vago senso di  smarrimento e vertigine…

Durante questo mio periodo in Africa non ho avuto molte occasioni per poter usare uno specchio, e nei villaggi non ne ho mica visti; quando bisogna radersi o truccarsi ci si fa aiutare da altri. Oggi mi sono guardato allo specchio dopo un bel po’ di tempo che non lo facevo e ho pensato a chi non lo ha mai fatto o non fa tuttora; provate a pensarci. 

Noi occidentali viviamo con decine di specchi quindi conosciamo perfettamente la nostra fisionomia del viso, ma se non li avessimo? Dovremmo basarci su quello che ci dicono gli altri o accontentarci di vedere la nostra immagine riflessa di tanto in tanto in qualche specchio d’acqua, stupendoci di ogni piccolo cambiamento…

martedì 25 ottobre 2011

Animali da campo...

Oggi mi sono svegliato dopo una bella dormita e dopo un’abbondante colazione scopro che l’hotel non possiede la linea internet funzionante, dato che stanno facendo dei lavori. Poco male penso, tanto posso lavorare comunque, ed infatti mi dedico per bene ai fattacci miei, ma il meglio arriva alla sera.

Per cena mi aspetta un incontro con Valeria, una mia collega di dottorato, per scambi incrociati di documenti e strumenti per la ricerca. La serata e’ piacevolissima e devo dire che ci voleva ritrovare non solo un pezzo di Europa o di Italia qui in Africa, ma un pezzo del tuo stesso gruppo di ricerca e’ qualcosa di piu’…

Lavoriamo entrambi su questo progetto in Africa, solo che in ambiti completamente diversi, per certi versi opposti. Io come sapete mi occupo di  mare e di cetacei a tutto tondo, anche se ammetto di non avere una grande passione per i pinnipedi (foche, otarie e trichechi)  e sirenidi (dugongo e lamantino), mentre lei sta a terra, dentro alla foresta perche il suo campo di ricerca sono i lemuri; una cosa ci accomuna pero’ anche se non si direbbe; siamo entrambi dei bioacustici. In pratica ascoltiamo di nascosto le conversazioni private degli animali.

Il tempo passa veloce, e non si parla mai di lavoro in senso stretto, ma per dirla con una frase di Valeria, “e’ sempre bello incontrarsi nel posto dove noi ricercatori ci sentiamo pienamente soddisfatti”. Ci si raccontano aneddoti, curiosita’, difficolta’, dato che lavoriamo su due posti diversi ma sempre in Africa. Hai gli stessi problemi e provi le stesse emozioni quando sei al lavoro e devo dire che ti capisci al volo con un tuo collega che come te e’ un “animale da campo”. Diciamo che in questi due giorni in Madagascar mi sono sentito meglio dell’ultima volta…

lunedì 24 ottobre 2011

Madagascar … in orario?

Ci siamo, oggi dovrebbe essere il giorno della partenza; dico “dovrebbe” perche’ considerando i ritardi che fa di solito AirMadagascar meglio usare il condizionale. Stamani chiudo tutti i bagagli e mi preparo alla partenza; mi aspettano due giorni di Madagascar ed un incontro con una collega (si, posso proprio dirlo adesso) di dottorato.

Prima di partire e di prendere il taxi per l’aeroporto mi concedo un ultimo passaggio in India per salutare il Mercante di Pietre. Bevo assieme a lui un ottimo caffe’, e poi ci salutiamo con una bella stretta di mano e ricordo bene le sue ultime parole “have a good fight” (abbi una buona lotta); degna del mio amico Guerriero e Artista.

Mi alzo e mi dirigo verso la mia stanza per prendere il taxi e attraverso a piedi per l’ultima volta la citta’ e sento quella strana sensazione che ti prende allo stomaco. Dev’essere il mal d’Africa; il continente sa che me ne sto andando e cerca sempre di richiamarti a se, come una madre.

Arrivo all’aeroporto ed effettuo il check-in senza problemi in pochissimo tempo e l’aereo e’ in orario perfetto. Saluto Artadji con un fortissimo abbraccio e gli  ordino di fare una grande esame finale, perche’ mi piacerebbe vederlo in Italia il prossimo anno.

Si e’ chiuso il cerchio, lui e’ l’ultima persona che saluto alle Comore prima di sbrigare le ultime formalita’ e salire sull’aereo. Osservo il cielo che si sta coprendo di stelle e saluto questa parte d’Africa che mi accolto con gentilezza. Prendo posto e scopro che l’aereo e’ praticamente vuoto e dopo una rapida conta parte; osservo l’orologio e siamo in anticipo di mezz’ora! Non ci posso credere, ma vi giuro che e’ successo; arrivo in albero e dopo una bella doccia calda mi butto tra le braccia di Morfeo…

Piccola nota prima della partenza; giorni fa stavo discutendo di religione, non ricordo bene con chi, ed un vecchio, che ho poi scoperto provenire dal Sud Africa, ascoltava con attenzione quello che dicevo per poi intromettersi nel discorso e dirmi. “Tu sei un’infedele, eppure conosci le nostre usanze e rispetti la nostra religione come un vero musulmano. Forse dio ti tiene in qualche speciale considerazione; percio’, chi sei tu?”. “Bella domanda” ho pensato, perche’ vi confesso che non ho saputo cosa dire, ho solamente sorriso in silenzio…

domenica 23 ottobre 2011

Pizza...

Oggi e’ la mia ultima sera qui alle Comore e decido per una volta di fare il signore e di cenare in uno dei migliori ristoranti della capitale, all’Hotel Le Moroni, dove fanno la pizza; soprattutto non saro’ da solo, dato che avro’ il privilegio di cenare assieme al mio amico indiano.

Prima di cenare mi fa conoscere la sua famiglia e rimango colpito dai suoi figli. Sua figlia parla un inglese perfetto, tanto che Sanjiv stesso mi dice che non si parlano in inglese o lei lo corregge, ma e’ suo figlio che mi lascia a bocca aperta. Stiamo parlando del fatto che gli italiani, spesso, non conoscono bene le lingue straniere e parlo della fortuna che hanno gli indiani che conoscono gia’ l’inglese.

La risposta del ragazzo, che ha solo 12 anni e’ lapidaria. Dopo una piccola pausa mi dice “it’s not a matter of luck” (non e’ una questione di fortuna). Gia’, e’ una semplice questione di colonialismo, sfruttamento, repressione e violenza; stupido io a fare certe affermazioni. Chiedo immediatamente scusa al ragazzo per la mia stupidaggine e poco dopo usciamo a cena.

La pizza che mangiamo e’ veramente ottima e la compagnia e’ splendida. Chiacchieriamo molto  e soprattutto scopro alcune cose che pensavo che qui non ci fossero. La prostituzione sta dilagando anche qui, solo che e’ una cosa sommersa, nascosta che scopri solo se ci sbatti addosso. Adesso capisco una domanda che mi fecero tempo fa...

Mi chiesero “che razza di Muzungu sono, dato che non bevo, non fumo, non frequento i night o peggio”. Io risposi che sono qui per fare ricerca, per lavorare; la sua risposta fu “conosco ricercatori e lavoratori che lo fanno”. All’inizio pensavo ad un errore, adesso capisco che mi sbagliavo…

sabato 22 ottobre 2011

Il Guardiano del timbro...

Oggi sto per incontrare un impiegato di alto livello, per certi versi quasi un semidio. Tutti i documenti che vengono firmati nella facolta’ di scienza e tecnica devono portare un timbro particolare e sembra che esista un solo timbro, usato da una sola persona, il Guardiano del Timbro…

Per chi avesse visto Matrix, questo nome mi ricoda il personaggio del Mastro di Chiavi. Ma e’ bene andare con ordine. Ieri dopo essere riuscito a sistemare tutti i documenti e a farmeli finalmente firmare l’unica cosa che mi mancava erano i timbri, ma arrivato di fronte alla porta dell’ufficio mi viene detto che oggi l’addetto al timbro non c’e’. Io chiedo se e’ ammalato o se c’e’ qualcun altro per farmi timbrare i documenti.

La risposta e’ stata: “Il venerdi lui non lavora”. Alla domanda perche’ la risposta e’ sempre la stessa: “il venerdi’ non lavora”. Pare infatti che sia un pio uomo di religione che santifica il giorno del riposo standosene a casa; e non e’ un’assenza o altro, dato che gli uffici sono aperti comunque, lui se ne sta a casa punto e basta. Non potendo fare altro ritorno a casa attendendo la giornata d’oggi per fare la sua conoscenza.

Quando stavo facendo le scale cercavo di immaginarmi questa persona e la figura che prendeva forma nella mia mente era di un uomo piccolo, seduto di fronte ad un’immensa scrivania di legno con al centro il sacro timbro che lui solo era in grado di usare, quasi fosse Thor con Mijonnir il martello sacro. Credo che queste visioni siano il frutto del mio farmaco antimalarico, fortunatamente siamo alla fine della mia permanenza in Africa.

Busso e mi apre un individuo paffuto e cordiale che sta seduto dietro ad una scrivania sopra cui non ci sono carte ne computer, ma solo il timbro. Quando vede che ho almeno una trentina di fogli da timbrare gli viene un colpo, quasi temesse un infarto per il troppo sforzo fisico, e allora gli dico che se vuole lo faccio io e cala il silenzio…

In quel momento il guardiano teme una sottrazione di potere, mi sembra Gollum (un personaggio del Signore degli Anelli) che brama un anello magico il suo “tessoro”, glielo leggo negli occhi. Poi osserva il numero di fogli, per lui esorbitante, e acconsente; credo tema la morte per affaticamento. Cosi’ allungo la mano e afferro il timbro, e dopo un lungo silenzio, comincio a timbrare sotto lo sguardo attento del Guardiano che mi da istruzioni su come tenere l’attrezzo.

Mi sembrava di essere Luke Skywalker nel film “Guerre Stellari” quando viene addestrato dal maestro jedi Obi-Wan-Kenobi. Ci mancava solo che mi dicesse: “Bravo mio giovane allievo… ora usa il potere della  Forza per muovere il timbro…”.

venerdì 21 ottobre 2011

Burocrazia Africana...

Dopo aver passato dei giorni meravigliosi in cui non ho fatto altro che fare attivita’ di ricerca sul campo e’ arrivato il rovescio della medaglia; “la livella” come direbbe il Principe de Curtis, in arte Toto’; infatti ho passato alcuni giorni a ricercare documenti e stavo per finire stritolato dalle maglie della burocrazia africana…

Per certi aspetti mi sono sentito come Asterix nelle 12 fatiche, quando affronta la casa che rende folli, il plazzo della burocrazia. Il nostro gallico affronta, assieme al suo amico Obelix, una prova assai ardua; farsi rilasciare un documento particolare, solo che per ottenerlo bisogna collezionarne una lunga serie, in modo da imprigionare il malcapitato che corre di ufficio in ufficio senza sosta. Qui in Africa ti senti stritolato dalla macchina burocratica non perche’ c’e’ troppa burocrazia, ma perche’ non esiste! Raccogliere documenti e’ un’impresa a dir poco titanica.

Dovete sapere che la prima regola per ottenere un documento e’ dire che vi serviva ieri. Se non avete pigio deciso o peggio dite che vi servira’ in futuro allora la risposta dell’impiegato e’ la seguente “non si preoccupi, venga la prossima settimana e sistemeremo tutto”. E immancabilmente la settimana seguente siamo sempre allo stesso punto

Gli uffici aprono alle 8:00 circa; quel “circa” e’ un margine di errore che varia da qualche minuto a qualche ora, perche’ dipende da impiegato ad impiegato. Se l’addetto vive in capitale allora sara’ un ritardo contenuto, mentre se il medesimo vive in un villaggio, beh in quel caso il tempo puo’ essere anche di un paio d’ore…

Negli uffici c’e’ la specializzazione assoluta. Un impiegato fa solo una cosa, e una soltanto. Non sanno cosa fanno i loro colleghi ne sono in grado di farlo, o non vogliono farlo. E qui viene il bello, perche’ se quella persona e’ assente non esiste nessuno che lo rimpiazza e il particolare ufficio resta chiuso e quindi ogni trafila burocratica interrotta. Ma la cosa divertente riguarda le assenze.

Se una donna ad esempio ha un figlio, ha diritto a tre mesi di maternita’, ma ovviamente non e’ sostituita. Questo mi ha fatto riflettere su una cosa; in questo paese africano le donne spesso lavorano nella pubblica amministrazione, hanno in media tra i 4 e i 7 figli. Ora non serve un genio della matematica per comprendere che molti uffici rimangono chiusi, spesso a catena per un periodo prolungato dell’anno, bloccando o rallentando di molto qualunque tipo di pratica burocratica…

Ma il meglio deve ancora venire. Perche’ se ci sono persone particolarmente religiose  queste decidono di non lavorare nel giorno santo che qui alle Comore non e’ la domenica, ma il venerdi’. L’ho scoperto sulla mia pelle quando dovevo trovare il Guardiano del Timbro. Ma questa ve la racconto domani…

giovedì 20 ottobre 2011

Guerriero e Artista

Nella religione induista le persone sono divise in tante caste, che fanno capo a 4 grandi caste. I Bramini o Sacerdoti, i Guerrieri, glii Artigiani e i Sudra o Servi; al di fuori di queste stanno i Dalit, i Paria, o senza casta.

Ogni casta ha una divinita’ patrona ed e’ divisa in due. Come una moneta ha due facce antitetiche, cosi’ una parte rappresenta il sole e l’altra la luna; le due facce della stessa medaglia. Ognuna di queste due parti speculari e’ divisa in tante piccole sottocaste, come le radici di un albero. Ogni radice e’ formata da un gruppo di famiglia, una piccola sottocasta in cui le persone si considerano come fratelli per legami antichi

Oggi ho avuto un privilegio immenso. Il mio amico indiano mi ha raccontato la storia della sua casta, una storia antica come il tempo che non aveva mai raccontato a nessuno. Percio’ mettetevi comodi e preparatevi ad entrare in un mondo fantastico…

Ci fu un tempo in cui uomini e dei camminavano assieme sulla terra e ogni cosa era possibile. Vi era un gruppo d’uomini che apparteneva alla casta dei guerrieri. Il loro nome era Parajya ed’erano fieri e temuti; vivevano di scorrerie nei villaggi e nelle citta’ ricche depredando per distribuire queste ricchezze ai poveri.

Tutto continuo’ per molto tempo finche’ un Re, il cui nome si perde nelle sabbie del tempo, decise che questa casta doveva essere distrutta, eliminata per sempre. Un gruppo di uomini venne inviato presso questo re per cercare di convincerlo a desistere; essi promisero che non avrebbero piu’ commesso atti violenti, ma il re non volle sentire nessuna ragione.

Gli uomini ritornarono dalla loro gente disperati e percio’ decisero di chiedere aiuto agli dei. Si rivolsero’ a Brhama, il creatore il quale non li aiuto’ ma gli consiglio’ di andare da Hingraj la dea patrona degli artigiani. Lei ascolto’ la loro storia e gli disse che c’era un solo modo per sfuggire alla condanna del re ed era quello di cambiare per sempre.

Gli uomini si guardarono e chiesero come e soprattutto cosa avrebbero potuto fare una volta che non sarebbero piu’ stati guerrieri. La dea allora prese un’incudine ed un martello e insegno’ loro l’arte di forgiare i metalli preziosi. Ed essi allora avrebbero preso il nome di “Soni” che significa artigiano e Hingraj divenne la loro patrona. La loro casta divenne ParajyaSoni ed il re fu soddisfatto…

Essi pero’ non cambiarono completamente, infatti in loro rimase per sempre lo spirito guerriero. Essi non temono lo scontro e di fronte ai problemi non arretrano, ma li affrontano a viso aperto senza paura, tanto che ancora adesso nei villaggi ParajyaSoni e’ un nome temuto. Percio’ siate prudenti se avete a che fare con chi e’ ParajyaSoni, Guerriero e Artista…

Warrior and Artist...

In Hinduism people are divide in many casts, all belonged from 4 main casts. The Bramhini or the priests, the warrior, the artisan, and the sudra, or the servant. Out from this division there the Dalit, or Paria, the Outcast…

Every casts has a patron god or a goddess , and each cast has two faces like the coin, one side represent the moon and the other the sun. Each of this two part is divided in many other sub-casts, like the roots of a tree. Every root is formed by a groups of families, a little sub-cast where person are like brothers and sisters, respecting ancient blood bond.

Today I have a great privilege, my Indian friend Sangjv has tell me the history of his cast, ancient as the time, and he never tell to anyone before. So sit and be prepared to enter in a fantasy world…

There was a time in which men and god walk together on the land and everything was possible. There were groups of man belonging from the warrior cast called Parajya feared and fierce. They live on the pillage of wealthy villages and cities taking richness for give them to the poor.

Everything continued for many years till one great king, whom name is lost in the sand of time, decided that this cast must be erased, completely wipe out. A group of men went to the king as peace embassy; they promised that they would have done no more violent actions, but the king didn’t change his decision.

The men came back to their people worried so they decided to beg god for help. They ask to Brahma, the creator whom didn’t help them but he told to ask to Hingraj, the patron goddess of artisans. The goddess listens to the men and she said that the only way to avoid the king’s sentence was to change them forever.

The men look each others and they ask how but, most important thing, what they will do once they would be no more warrior. So the goddess gives to them an anvil and a hammer and teaches them the art of smithing precious metal. They add the “Soni”, which means “Smith” e Hingraj became their goddess patron. Their cast renamed in ParajyaSoni and the king had satisfied

But they don’t change completely you cannot extinguish a Volcano fire with a glass of water. Inside them remains forever the same fiery warrior spirit. They aren’t worried about any fights and if there are problems, they face them without fear; as much as now some villages are scared with the name ParajyaSoni. So be careful if you have a concern with a ParajyaSoni, Warrior and Artist…

mercoledì 19 ottobre 2011

Pangagnile!

Anche oggi sono tornato sul luogo del delitto, come l’assassino. Questo posto molto particolare consente di poter studiare il comportamento del delfini molto da vicino, restando con la barca comodamente attaccati ad una piccola boa. Ieri mentre ero in acqua ed osservavo gli animali improvvisamente un forte colpo di coda effettuato da un individuo ha fatto allontanare molto velocemente tutto il gruppo. Dato che di solito se gli animali si allontanano un motivo c’e’ ho preferito non indagare e sono ritornato alla barca.

Mentre stavo ritornando ho ripensato a quel comportamento e il primo pensiero e’ stato l’avvicinarsi di un pericolo, ma non essendoci altra barca che la nostra ho pensato subito ad uno squalo, ma con poca convinzione. La sera questa leggera preoccupazione mi ha fatto fare un sogno non proprio piacevole in cui venivo morso da un piccolo squalo; nessuna perdita di arti, ma il dolore del morso e’ un altro regalo che mi fa il mio farmaco antimalarico.

Stamani chiedo al capitano se ci sono degli squali in queste acque e lui mi dice un no, ma non molto convinto. Io mi rassicuro, ma non troppo e mentre usciamo ammetto che ci ho pensato un po’ e prima di immergermi ho detto al capitano di seguirmi con la barca a qualche metro di distanza a remi che non si sa mai…

Mi sembra tutto tranquillo e poco dopo ecco arrivare i miei amici cetacei e comincio a registrare i suoni. I delfini sott’acqua alle volte emettono delle bolle, che fungono da una sorta di confine, una barriera di sicurezza, che se superata da qualche intruso fa scattare immediatamente una sorta di allerta generale. Io di solito ci sto molto attento ma stavolta complice un eccesso di sicurezza o distrazione devo aver superato quella barriera o semplicemente c’era qualcos’altro…

Improvvisamente e senza preavviso i delfini che prima erano sparsi attorno a me si raggruppano molto velocemente e cominciano a nuotare molto, ma vi posso assicurare molto velocemente. Io mi sono spaventato non poco, sono sempre animali ed e’ stato allora che ho guadato in basso, verso il fondo e nel blu ho visto luccicare una pinna caudale verticale; poteva essere qualunque cosa, dal tonno, al barracuda, allo squalo, ma la mia reazione ricordava quella di Tom (del cartone Tom&Jerry).

Quando in una puntata viene inseguito da uno squalo non esce dall’acqua, ma ci corre sopra. Io invece mi do una spinta tale che letteralmente volo sopra la barca con pinne ai piedi e maschera ancora in faccia sotto lo sguardo stupito del capitano; meglio non rischiare...

Mentre stiamo tornando verso il villaggio, vedo una bella pinna di almeno trenta centimetri che si solleva ad un metro dalla barca. Immediatamente dico al capitano di fermarsi e prendo la macchina fotografica aspettando che riemerga, ma dopo qualche minuto non succede nulla; e’ allora che sento il capitano che ridacchia e mi dice “Pangagnile” con un tono ed uno sguardo che se dovessi tradurre sarebbe “Deficente, ma che razza di biologo sei, non hai visto che era uno squalo?”. 

Resto senza parole mentre ripenso alla pinna verticale che ho visto poco prima e capisco che e il caso di andare a casa e gli dico “Narende Vontsi” (in comoriano “Andiamo a Terra”) che assomiglia molto al veneziano “’’ndemo in xso’” (andiamo via)…

martedì 18 ottobre 2011

Privilegi...

In questi giorni che ho passato a Bangua sono rimasto da solo senza il mio studente e ho fatto un sacco d’uscite in barca per cercare di prendere il maggior numero di dati. Devo dire che rimanere da soli in un villaggio africano in cui ti esprimi con notevoli difficolta’ e’ stata un’esperienza interessante. Ma soprattutto mi sono reso conto di una cosa.

La vita in questo villaggio, come nell’isola e temo in molte parti dell’Africa, altro non e’ che un ripetersi di gesti monotoni giorno dopo giorno; una vita di sussistenza in cui si attende che il giorno passi per cominciarne un altro uguale. La mia permanenza qui ha avuto il pregio di spezzare tutto questo; i bambini mi salutavano, le donne discutevano con gli uomini della mia incapacita’ nella pesca e sembra che si sia diffusa la voce di un bianco mezzo matto che e’ partito dall’Europa per pescare a Bangua.

Oggi e’ stata una giornata incredibile; in cielo non c’era nemmeno una nuvola e il mare sembrava di cristallo, tanto era trasparente e dopo che sono risalito in barca ho guardato il luogo della mia ricerca, una baia piena zeppa di delfini, in cui mi sacrifico per la causa della ricerca immergendomi per nuotare con loro per poterne studiare il comportamento, e mi sono reso conto della mia fortuna, ripesando a chi se sta chiuso in un ufficio o in un laboratorio, si stressa nel traffico, sempre di corsa.

Non e’ sempre cosi’ ovvio, ma questo lavoro, se cosi’ si puo chiamare, mi ha fatto visitare luoghi incredibili e conoscere un sacco di persone uniche e adesso mi rendo conto dei privilegi che ho avuto e che ho tutt’ora, sebbene ci siano sempre delle difficolta’. Effettivamente se qualcuno mi chiedesse “che lavoro fai” gli farei vedere questa foto che mi ritrae nel mio luogo di lavoro tipo con vicino i miei strumenti. Potete insultarmi a piacere sia qui che dal vivo quando torno…



lunedì 17 ottobre 2011

Mapoobole Muzungu...

in questi giorni sono al villaggio di Bangua per cercare di prendere alcuni campioni di pelle di delfino per alcune ricerche appena sono arrivato sento subito che l’atmosfera e’ molto particolare. Infatti escono tutti dalle loro case per vedere il muzungu che va in cerca di delfini ma soprattutto ho scoperto di avere un nuovo soprannome: Mapoboole Muzungu!

Bangua e’ il villaggio di pescatori piu’ grosso sulla costa ovest dell’isola e qui la pesca e’ quasi una religione. Loro in questi giorni hanno visto un bianco che esce in barca con i pescatori ma non porta mai a casa un bel niente, quindi io per loro sono gia’ un incompetente, ma in questi giorni li ho fatti ridere da morire.

Per prendere i campioni di pelle di delfino bisogna attaccare ad un bastone  una specie di spugnetta abrasiva e quando si incontra il gruppo di delfini cercare di attirare la loro attenzione e sperare che si mettano a prua saltando sull’onda; in quel momento in cui sono fuori dall’acqua si cerca di accarezzarli con la spugnetta per prendere del tessuto: sembra semplice, ma vi posso assicurare che per prendere quei campioni ho fatto una gran fatica.

Bene, i delfini i questione si trovano nei pressi di una baia vicino al villaggio di bangua ed e’ bastato che Capitan Washewo (significa “cool” in comoriano) parlasse di quello che cerco di fare che oggi me li sono trovati sulle rocce che mi guardavano mentre ero all’opera e vi posso assicurare che stavano ridendo e ora vi spiego il motivo.

Ai loro occhi io sono un bianco che viene dall’Europa per uscire in barca con i pescatori e non prendere un bel niente; non solo, adesso questo bianco si e’ messo in testa di cercare di prendere i delfini nel modo piu’ stupido; si sporge a prua anche contro le onde prendendo colpi su colpi e acqua in faccia, con in mano un bastoncino invece che un arpione e nemmeno li colpisce, ma li accarezza: effettivamente viene anche a me da ridere…

domenica 16 ottobre 2011

Punti al supermercato...

Quando eravamo bimbi spesso accompagnavamo la mamma o la nonna a fare la spesa e uno dei ricordi piu’ vividi di quei momenti era alla cassa in cui dopo aver pagato si ricevevano i punti, che accumulati in gran quantita’ fornivano ricchi premi e cotions come servizi di piatti, asciugamani, pentole; la moda poi si e’ diffusa anche tra i distributori di benzina dove i premi erano anche piu’ consistenti come biciclette o impianti stereo. 

La crisi economica ha colpito anche questo mercato riducendo da una parte la consistenza dei premi in palio, mentre dall’altra parte ha prodotto un aumento dei servizi che forniscono premi bonus, come ad esempio alcuni istituti di credito, dove aprendo un conto si ottiene l’attivazione del telelpass. Oggi ero in banca per cambiare dei soldi e l’Africa mi ha fatto sorridere una volta di piu’…

Ero allo sportello e vedo in mezzo a tutti i poster che raffigurano i prodotti bonus offerti dalla banca l’immagine di una capra. Incuriosito mi avvicino pensando ad uno scherzo, invece e’ proprio vero: se apri un conto in una particolare banca non ti regalano il servizio di pentole, un computer scontato, o una bici, ma ti regalano una capra. D'altronde quando alla dogana per prendere la barca mi hanno chiesto se avevo qualcosa da dichiarare io ho detto che non avevo nulla, ma quello dietro di me aveva 3 galline… Ah… L’Africa…

sabato 15 ottobre 2011

Ostinazione

Stamani appena mi sono alzato ho visto delle minacciose nubi che giungevano da sud-est, belle scure, ovvero pioggia assicurata. Ma sapevo che non avrei avuto altra occasione per poter vedere le balene e non ho voluto sentire ragioni, siamo usciti lo stesso.

Il mare non era grosso, e poi la barca in dotazione era di dimensioni maggiori rispetto a quella con cui di solito uscivamo. Dopo circa un’ora comincia una pioggia leggera, preludio di un diluvio; il nostro pescatore ci dice che sarebbe meglio rientrare per evitarlo, ma qui come una sentenza, la pioggia comincia a scrosciare abbondante senza possibilita’ di scampo inzuppandoci completamente. Bisognerebbe tornare a riva, ma ho un moto di irrazionale ostinazione…

Mi volto verso il mio studente che dica al pescatore che abbiamo pagato per tre ore di uscita e che non torno indietro prima, quindi si va avanti. Si lo so che e’ da folli, ma alle volte nella vita ci vuole anche questo. Dopo poco  superiamo quella nuvola maledetta e finalmente ecco lo sbuffo che cercavo e finalmente vedo le bianche pinne ed il corpo grigiastro di una megattera. Non si riesce ne’ fare foto ne’ a prendere dei suoni, ma almeno ho visto l’oscuro oggetto del mio desiderio. Chi la dura la vince…

venerdì 14 ottobre 2011



In questi ultimi giorni di permanenza ho deciso di spostarmi all’estremo sud dell’isola per cercare di vedere qualche megattera e poi Artadji mi ha detto che hanno da poco aperto un nuovo albergo a 5 stelle; ha solo una camera doppia, e quindi e’ stato difficile prenotare, ma alla fine abbiamo trovato posto. Appena arriviamo ci dirigiamo verso la spiaggia ed ecco finalmente il nostro albergo.


 
In uno stile coloniale inglese, dotato di quasi tutti i comfort questo splendido albergo con solo una camera doppia, che puo’ diventare tripla, possiede una magnifica stanza con vista mare
 
Ma il vero tocco di classe e’ la cena sulla terrazza con vista sulla spiaggia. Non e’ sempre vero che la vita del ricercatore e’ spartana, alle volte ci concediamo anche noi dei lussi, che credete…





giovedì 13 ottobre 2011

L’Île jamais sortie…

Oggi abbiamo fatto un’uscita molto lunga alla zona di Raya, una sorta d’isola mai emersa qui alle Comore che solo i pescatori della zona conoscono. Ci sono gia’ stato ma questa volta l’ho vista con occhi diversi,, non come un ricercatore, ma come narratore di storie…

Nel libro Il Monte Analogo di Rene’ Daumal (grazie Tsaramaso) i protagonisti sono alla ricerca di una montagna mitica, un non-luogo che rappresenta l’essenza dell’inesplorato. E per giungervi devono percorrere una rotta molto particolare. Nel mondo fantastico creato d J.R.R. Tolkien, l’autore del Signore degli Anelli, esiste il luogo chiamato le terre imperiture, una sorta di paradiso che puo’ essere raggiunto solo dalle navi degli elfi, che conoscono una rotta particolare, completamente dritta, che consente di vincere la curvatura del mondo.

Quando oggi siamo salpati avevo memorizzato il punto sul mio GPS ma senza comunicarlo a Juma, il nostro capitano, e come sempre lui e’ partito senza problemi. L’ultima volta che siamo venuti qui era in un’altra stagione oltre 3 mesi fa e c’erano quindi condizioni diverse di marea, di corrente e di sole, quindi, almeno per me, era impossibile ritrovare lo stesso punto. Ed e’ qui che Juma fa quello che fanno solo gli elfi, trova la rotta semplicemente perche’ lui la sa e basta…

Qualche volta la barca si ferma perche’ ci sembra di avvistare dei delfini e subisce un forte scarroccio (o movimento laterale per i non naviganti) ma lui riprende la rotta come se niente fosse finche’ vediamo sotto di noi il giardino di corallo dell’isola sommersa. Osservo il GPS e vedo che abbiamo mancato il punto dell’altra volta e qui che Juma , il mio capitano, si alza in piedi a poppa e ci dice “Questo non e’ lo stesso punto dell’altra volta, l’altra volta eravamo li’”. Ed indica un punto in mezzo al mare dove ci dirigiamo e quando guardo il GPS ci siamo proprio sopra, con un errore di pochi metri.

Prima di buttarci in acqua a vedere questa meraviglia sommersa osservo per un attimo Juma seduto sopra il motore e poi i miei tecnologici strumenti; in un certo senso Juma e’ un po’ come quei navigatori elfici, che conoscevano la rotta senza strumenti; probabilmente bisognerebbe chiedere a lui per raggiungere il Monte Analogo.

Mentre torniamo verso riva mi viene in mente una frase del Capitano, altra figura mitologica della mia vita, mentre lavoravamo assieme in mar Tirreno: “…puoi tracciare tutte le rotte che vuoi e avere tutti gli strumenti del mondo, ma se non sai dove sei, non andrai mai da nessuna parte...”

mercoledì 12 ottobre 2011

Nuvole...

L’uscita in barca di oggi non e’ stata molto fortunata e poi stava cominciando a montare un po’ di onda che non permetteva di vedere bene gli animali cosi abbiamo deciso di ritornare a riva e nel rientro, piacevolissimo a favore di vento mi sono steso a guadare il cielo.

Il cielo era di un blu intenso spesso solcato da nubi dalle forme piu’ svariate. Si muovevano a velocita’ diverse, alcune quasi immobili, mentre altre si muovevano rapide. Per tutto il viaggio di ritorno sono rimasto a fissarle finche’ poco prima di arrivare verso sud c’era un immenso cumulo di nubi bianche. Era immenso, ma non sembrava affatto minaccioso e per me che sono appassionato di letteratura fantastica sembrava proprio un immenso e placido castello nelle nuvole…

martedì 11 ottobre 2011

Reazione...

Il terzo principio della termodinamica di Newton afferma che “ad ogni azione corrisponde una reazione”, e come aggiunge bene l’Abate Faria del Conte di MonteCristo “sia nel mondo fisico che in quello umano”. Ieri c’e’ un’azione di protesta forte da parte della gente ed oggi, la reazione del governo si e’ fatta immediatamente sentire e pure in maniera forte.

Oggi quando sono uscito la prima cosa che mi ha sorpreso e’ stato il supermercato aperto e non nel quartiere europeo e poi qualche sparuto chiosco aperto lungo la strada e soprattutto molti poliziotti e soldati in giro. Appena e’ giunto Artadji gli ho chiesto che cosa fosse successo e lui mi ha detto che il governo ha deciso di intervenire in modo molto deciso…

Gia’ dalla sera di ieri sembra che la polizia sia intervenuta in modo abbastanza rude ad una riunione di categoria, in cui i tassisti discutevano il da farsi e ha ben pensato di arrivare e manganellare tutti i presenti. Oggi le forze dell’ordine hanno cominciato ad obbligare gli esercizi commerciali ad aprire andando addirittura a casa dei proprietari minacciando che se non aprivano il governo gli revocava la licenza.

Vi confesso che quando sono andato al supermercato per comprarmi qualcosa da bere, dato che stavo finendo l’acqua, per la strada c’era un’aria carica di tensione, come una pentola a pressione pronta a fischiare. Artadji mi ha detto che le cose stanno peggiorando e la gente si sta stufando. Mi ha raccontato di una volta in cui per protestare contro il governo i comoriani hanno tagliato gli alberi e messi in mezzo alla strada non permettendo a nessuno di uscire dalla capitale e i turisti presenti hanno dovuto prendere le barche per arrivare all’aeroporto. Spero che la mia baraka non voglia farmi provare anche questo…

lunedì 10 ottobre 2011

Sciopero generale...

Oggi mi sono svegliato molto presto, avendo ormai fatto l’abitudine al muezzin che ogni giorno ci delizia con il suo canto un’ora prima che il sole sorga. Dopo una bella doccia rinfrescante mi sono messo a scrivere un po’ in attesa dell’apertura di Nassib per fare colazione, ma appena esco dalla residenza universitaria vedo per la strda un anomalo deserto umano, non c’e’ anima viva, pochissime macchine in circolazione e nessuna attivita’ commerciale aperta, dal chiosco improvvisato lungo la strada, al banco lungo la strada al negozio. Chiedo spiegazioni e mi dicono che per protestare contro l’aumento del prezzo del carburante sono stati proclamati due giorni di sciopero generale totale globale…

L manifestazione non puo’ che trovarmi d’accordo, ma devo dire che uno sciopero di tale entita’ non me lo sarei aspettato qui in Africa, dove hanno scioperato praticamente tutti non garantendo nessun tipo di servizio, nemmeno quelli essenziali. Questo si e’ tradotto in una totale mancanza di ogni forma di trasporto, sia su gomma che su barca. Se uno si doveva spostare verso un villaggio, doveva tornare a casa, o prendere una barca per andare in un’isola in questi due giorni rimarra’ bloccato senza nessuna  altra possibilita’  che attendere la fine dello sciopero. 

Fatto sta che devo comunque mangiare a pranzo, dato che non ho la cucina dove posso prepararmi qualcosa da mangiare e allora mi dirigo a piedi verso l’unico luogo in cui so che sara’ tutto aperto; il quartiere francese Ambassadeur. Appena arrivo ecco le vetrine e le saracinesche sollevate in barba a qualunque sciopero o protesta; che crumiri…

domenica 9 ottobre 2011

Apocalisse...

Il vangelo di Giovanni, rispetto agli altri tre definiti sinottici, possiede una parte mistica e oscura, l’apocalisse (dal greco “rivelazione”), in cui l’autore c’illustra il destino che attende l’umanita’ alla fine dei tempi. In uno dei passaggi dell’opera vengono descritti i 4 cavalieri dell’apocalisse: Guerra, Fame, Pestilenza e Morte che attualmente imperversano qui in Africa senza sosta.

Riflettevo in questi giorni sulla fame; intendiamoci, io non so cosa sia veramente la fame, qui al massimo arrivavo a sera affamato, mentre in Europa non ne parliamo. Quando sono tornato dall’isola di Anjuan, ero molto affamato, e sebbene sapessi che il giorno dopo mi sarei rifocillato il pensiero di nutrirmi per un po’ mi ha tormentato.

Ma se non avessi trovato nulla con cui riempirmi la pancia? E’ stato allora che ho pensato a tutte le decine di milioni di persone che ogni giorno soffrono i morsi della fame senza poter mangiare, anche per giorni e tutto questo mi fa una rabbia incredibile…

sabato 8 ottobre 2011

Il dio delle piccole cose...

Questo meraviglioso libro (che vi consiglio caldamente), scritto da Arundhati Roy, e’ un affresco dell’India che non ti aspetti, basato su un insieme di molte piccole cose ed avvenimenti che collezionati assieme creano una storia  romantica, profonda e tormentata come puo’ essere la terra indiana. Spesso nella nostra esistenza avvengono piccoli fatti od eventi attorno a noi di cui nemmeno siamo consapevoli, ma quando li scorgiamo spesso ne siamo affascinati e meravigliati.

Oggi dopo il viaggio che ho fatto in barca ero particolarmente stanco e stamane con le prime luci dell’alba ho visto alcune piccole cose che di solito non osservo. La pioggia era cessata e aveva lasciato spazio ad un cielo di un blu molto intenso, terso, senza nemmeno una nuvola. Ho guardato in basso ed ho visto in una pozzanghera alcuni volatili che si bagnavano e sono rimasto a fissarli per un po’ finche’ non ho volto lo sguardo verso il pavimento…


Piano piano saliva con incedere lento e meditativo. Non sembrava affaticata, ma era instancabile nel suo movimento e non si curava nemmeno di me che la stavo guardando, che per vederla bene mi sono inginocchiato quasi a rendere omaggio al dio delle piccole cose…














venerdì 7 ottobre 2011

Ritorno...

Oggi si ritorna a “casa”. Saluto i miei colleghi europei e mi dirigo al porto a piedi e dopo le formalita’ della registrazione mi siedo sul marciapiede attendendo il mio transfer che mi portera’ all’interno della zona doganale. Qui rimango poco per gli standard africani (solo un’ora) e poi cominciamo ad imbracarci.

Il viaggio lo possiamo dividere idealmente in due parti. La prima fino all’isola di Moheli, un vero paradiso; un leggero dondolio mi cullava mentre me ne stavo disteso a poppa sopra un materasso. Superata quest’isola comincia a montare mare grosso al traverso che si traduce in un rollio misto a beccheggio che rende la cabina un vomitatoio, quindi mi faccio il resto del viaggio seduto all’esterno. Diciamo che e’ stato un buon test, perche’ se non ho vomitato con questo mare significa che il sangue veneziano ha dato i suoi frutti…

Finalmente alle 10 di sera tocchiamo terra e dopo i controlli mi dirigo verso il mio alloggio sotto una pioggia torrenziale. Vi giuro che quando arrivo ho una voglia di farmi una bella doccia calda, ma sono ritornato in Africa e scopro con disappunto che non ho nemmeno acqua nel bidone: oltre al danno la beffa. Quindi comincio la spola al deposito d’acqua piovana e poi finalmente una bella doccia fredda a secchiate. Ho una fame da lupi ma scopro che le mie razioni ammontano a due scatole di biscotti, quindi che fare? Un bel niente! Mi mangio quello che ho e mi tengo la fame fino alla colazione di domani…

giovedì 6 ottobre 2011

Cos vuoi di piu' dalla vita...

Un amaro direbbe l’omonima pubblicita’. Oggi mi sono destato dal sogno e smarrito l’entusiasmo iniziale ho guardato con occhio critico questi due giorni e ho notato alcune cose interessanti. La prima e’ che tutti coordinatori di alto livello sono tutti europei. Ci sono dei comoriani che fungono da coordinatori locali, nei villaggi ma il grosso della gestione e’ in mano agli europei; questo ha un indubbio vantaggio di far funzionare tutto, ma possiede a mio avviso un grosso difetto, gli si insegna troppo poco o troppo lentamente.

C’e’ un’altra cosa su cui riflettevo ed e’ la sostenibilita’. Il progetto punta al recupero della biodiversita’ soprattutto per quello che riguarda la foresta e le aree rurali, la prima cosa che mi verrebbe in mente e’ l’utilizzo di pannelli solari e di gruppi di continuita’ per l’energia elettrica. Il generatore di corrente,  come l’utilizzo di trasporti autonomi invece dei trasporti locali favorisce un aumento dell’inquinamento.

Come in ogni cosa ci sono sempre luci ed ombre e come il Vecchio Saggio insegna non e’ mai tutto oro quello che luccica, ma devo ammettere che fare un breve passaggio in “Europa” per farsi una doccia vera, cucinare la pasta ed il risotto di gamberi, devo dire che mi ha fatto bene…

mercoledì 5 ottobre 2011

Vite parallele...

Questa meravigliosa serie d’opere biografiche di Plutarco, storico greco dell’epoca classica, racconta d’importanti personaggi storici greci e romani. Oggi ho passato una giornata intera con il gruppo di ricercatori che lavorano sulla conservazione della biodiversita’ nell’isola d’Anjuan e ho visto con i miei occhi due diversi mondi, e ho immaginato le vite parallele di due ricercatori che vivono e lavorano in Africa, nello stesso paese ma in due luoghi diversi…

Un ricercatore europeo, magari inglese, si alza alla mattina nella sua casa dove vive assieme a tutti gli altri ricercatori. Si fa una bella doccia (vera, non con i secchi e pure con acqua calda se vuole), e poi in cucina dove si prepara la colazione ai fornelli, beve acqua depurata da un filtro, e se lo desidera prende del latte dal frigo. Dopo aver mangiato prende uno dei mezzi a disposizione (moto, fuoristrada, scooter) e si dirige al centro, dove non c’e’ corrente elettrica, quindi accende il generatore e comincia a lavorare e collegarsi con il mondo grazie alla linea internet wi-ii diffusa in tutti gli uffici. Poi prende la moto o il fuoristrada per andare a vedere il lavoro sul campo e poi torna a casa per cenare assieme agli altri…

Un ricercatore europeo, magari italiano, si alza alla mattina nella sua stanza solitaria e controlla se c’e’ acqua, nel caso si dirige al deposito di acqua piovana e riempie il bidone e poi si fa una doccia fredda; fa colazione con biscotti e qualche succo, aspettando che aprano i bar per un caffe’ e poi comincia a lavorare nella sua stanza senza internet sperando che la corrente ritorni prima dell’esaurimento della batteria del suo portatile e quando esce sul campo usa solo i mezzi locali o si sposta a piedi. Poi, alla fine della giornata, va  a mangiare al ristorante e quando torna controlla se c’e’ corrente, e se tutto rimane buio accende una candela e legge qualcosa…

La pubblicita’ parafrasata per l’occasione direbbe che non importa se tu sia inglese o italiano, intanto comincia a fare ricerca. Ogni riferimento a fatti, persone, situazioni e luoghi e’ puramente casuale…

martedì 4 ottobre 2011

Viaggio in barca..

Ci siamo, oggi vado a vedere l’isola di Anjuan, che per assonanza mi richiama alla memoria il film Jumanji. E quale modo migliore per raggiungerla se non la barca di linea per sentirsi una volta di piu’ africano? Mi informo ll’agenzia di trasporti marittimi e mi dicono che la barca dovrebbe partire sulle 10:00 e di presentarmi all’imbarco alle 8:30 per le procedure burocratiche. Appena arrivo al porto la guardia mi squadra e mi dice che sono arrivato tardi. Io rimango basito dato che non mi e’ mai capitato di fare tardi in africa e cosi’ mi dirigo all’agenzia marittima che mi rassicura con questa frase “E’ troppo presto, bisogna aspettare”.

Mi siedo e aspetto finche’ arriva il nostro transfer, un vecchio furgone dove veniamo stipati in 30 ed entriamo nella dogana. Alla vista di container arrugginiti e strade bianche dissestate ho avuto la sensazione di essere dentro al film Mad Max. Scendiamo e ci fanno accomodare su una chiatta a cui e’ attraccata la nostra barca, dove un losco figura dell’immigrazione controlla uno ad uno i nostri documenti e quando si vede un muzungu davanti fa subito la voce grossa dicendo che ho il visto scaduto. Io gli dico che e’ vero, ma e’ quello vecchio, lui gira pagina e trova quello nuovo; fa una smorfia di fastidio e mi rida’ il passaporto.

Salgo in barca con solo due ore di ritardo e comincia il viaggio, solo che c’e’mare un po’ agitato che fa beccheggiare di brutto l'imbarczione; il risultato sono 8 ore di montagne russe che fanno vomitare meta barca finche’ arrivo al porto di Anjuan e dopo l’attracco vorrei segnalare due fatti. Il primo e’ che vedo un funzionario bianco, imbolsito, pallido come un cadavere mi guarda con una faccia triste ed affranta; mi da l’idea dell’impiegato fantozziano che ha subito l’estremo gesto di mobbing, l’esilio…

La seconda cosa e’ che devo essere veramente stravolto perche’ il funzionario dell’immigrazione mi scambia per un cittadino malgascio, ma quando osserva la prima pagina nota che sono italiano, muzungu al 100%, percio’ tutto bene e benvenuto ad Anjuan! Appena esco dal porto mi appare un paese piu’ povero dell’isola da cui provengo. Poco dopo arriva uno dei responsabili del progetto che mi porta a mangiare una pizza (devo dire molto buona) e poi mi ospitano nella loro casa, completa di ogni comodita’, ove mi faccio una doccia vera con acqua calda. Quando mi stendo a letto per qualche momento penso di essere in una realta’ parallela creata dal Lariam (n.d.r. il farmaco con effettuo la profilassi antimalarica, puo’ provocare allucinazioni…)

lunedì 3 ottobre 2011

Consapevolezza

La consapevolezza e’ uno strumento importante perche’ ti aiuta a capire i tuoi limiti e le tue potenzialita’. Spesso si impara attraverso l’esperienza, soprattutto se riguarda un limite fisico, ma la consapevolezza ci fornisce un’altra informazione importante, ci autodetermina, ci rende portati, anche se non sempre, alla capacita’ critica verso il mondo che ci circonda, ma alle volte si rivela un’arma a doppio taglio…

Oggi parlavo con il mio amico indiano dell’importanza dell’istruzione per avere consapevolezza di se e del mondo che ci circonda; infatti l’istruzione ci fornisce i mezzi per capire e comprendere cio’ che succede attorno a noi. Sanjiv mi ha detto che sua figlia il prossimo anno andra’ a studiare in India a studiare dato che mi dice che qui alle Comore l’istruzione di base non e’ molto buona e nel mezzo del discorso scaturisce questa frase: “se questo popolo fosse piu’ istruito avrebbe consapevolezza della sua miseria e non sperimenterebbe solo la conoscenza della poverta’”.

Infatti la conoscenza dei fatti spesso si limita a vedere la superficie di un problema, mentre la consapevolezza mi permette di vederne l’interno, ricercandone le cause e una possibile e duratura soluzione e tutto questo e’ sotto i miei occhi ogni giorno. Juma, il pescatore che di solito mi accompagna in barca, vuole essere pagato solo in contanti e giorno per giorno e non vuole essere pagato dopo 4 giorni, anche se con una piccola maggiorazione. La sua miseria e’ oggi, per lui conta solo il presente; il futuro e’ troppo lontano. Non mi permetterei mi di dire che e’ stupido, anzi; semplicemente gli mancano gli strumenti per poter affrontare il problema in modo diverso.

Alcuni studenti del master hanno capito fin troppo bene la situazione in cui vivono e si stanno adoperando per cambiare consapevoli che non avverra’ ne adesso ne domani. Loro hanno acquisito strumenti di analisi per poter risolvere i problemi. Questa e una delle grandi sfide della cooperazione internazionale, non risolvere i problemi, ma fornire gli strumenti  secondo il proverbio cinese "Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita".

Dicevo all’inizio che la consapevolezza puo’ essere un’arma a doppio taglio, perche’ una volta acquisiti alcuni strumenti disfarsene e’ quasi impossibile. Non si puo’ tornare indietro d una condizione di semplicita’ intellettuale. Questo implica che ci si faccia delle domande scomode la cui risposta spesso non ti rende felice; e’ quello che sta succedendo a qualcuno degli studenti…

domenica 2 ottobre 2011

Giochi per bambini...

Oggi mentre tornavo dal mio giro in barca, ho visto passare un sacco di ragazzi che facevano rotolare dei copertoni lungo la strada mentre ltrettanti portavano dei lunghi bastoni. li ho seguiti per un po' e ho visto che si stavano radunando in uno spiazzo non molto distante da dove alloggio. Dopo una doccia sono andato a curiosare dato che vedevo il gruppo aumentare di numero.

Quando eravamo bimbi spesso andavamo ai giardinetti e facevamo delle gare in bicicletta, o sui pattini a rotelle. Nel momento in cui sono arrivato c'era un grande assembramento di persone che ha trasformato la piazza in cemento antistante ad un lussuoso albergo arabo a 5 stelle nei loro giardini pubblici. Hanno creato un percorso per una sorta di gara di abilita' e si sono divisi per eta'. C'erano anche i genitori che incitavano i loro figli con foga, m ben presto il beniamino della giornata e' risultato un piccoletto che veloce come un furetto arrivava sempre primo.

Una cosa mi sono dimenticato di dirvi; i bambini qui non hanno bici o pattini a rotelle, ecco con cosa corrono…



sabato 1 ottobre 2011

Calcetto Balilla...

Oggi sono  andato a mangiare da Nassib ma ho trovato tutti i tavoli occupati e mentre attendevo ho sentito dei rumori metallici familiari e voltato un angolo trovo un nugolo di ragazzi urlanti ed al centro un calcetto balilla. Mi sono avvicinato timidamente e appena mi notano mi chiedo se voglio giocare e non posso che accettare la sfida...

Per chi non lo sapesse il Calcetto Balilla e' un gioco dei nostri "vecchi", chiamato anche biliardino; ma soprattutto e' un gioco di una violenza psicologica inaudita. non esiste la partita amichevole, ogni sfida possiede la vibrante forza agonistica di una finale olimpica, non ci si risparmia in niente. Dopo aver giocato almeno una ventina di partite quando spunta quello che sembra essere "il Ras" del quartiere (per citare un monumentale film con Diego Abatantuono)  un supertamarro con cappello da rapper portato rigorosamente all'indietro, maglietta sgargiante e jeans con cavallo all'altezza delle caviglie, che chiede di sfidarmi in singolar tenzone.

Accetto di buon grado e mentre la battaglia infuria mi accorgo che il mio avversario fa un uso spregiudicato del famigerato "gancio" (doppio tocco con lo stesso uomo, o passaggio e tiro tra due uomini attaccati), tecnica bandita da tutti i calcetti del regno, ma qui siamo in Africa e pertanto sorrido a questa novita' che ammetto, mi spiana la strada verso la vittoria.

Nel frattempo si e' liberato un tavolo e vado a mangiare non prima di ricevere due domande. Un gruppo di ragazzini mi chiede se gli posso insegnare a giocare e devo dire che mi fa sorridere non poco. La seconda me la fa il Ras, chiedendomi se lo volessi sfidare alla Playstation. Ecco, qui ho avvertito il salto generazionale, dato che sono un giocatore vecchio stampo (al massimo gioco un po' a PC) e non ho proprio la passione della consolle pertanto rifiuto e il Ras si allontana scontento, pensando di rifarsi in altro modo...