sabato 30 giugno 2012

Biopsia...

Una biopsia e’ il prelievo di un tessuto da un animale mentre e’ ancora in vita. Recentemente sto cercando di ottenere alcuni campioni di pelle dai miei amati delfini per effettuare alcune analisi genetiche. All’inizio pensavo che la cosa fosse semplice, dato che il campione di pelle che dovrei prendere si aggira intorno a qualche millimetro cubo; avevo pensato troppo in fretta…

Oggi ho provato per la prima volta ad usare la lancia che ho portato dall’Italia. Costruita completamente in modo artigianale, grazie all’indispensabile aiuto di Leonardo, un mio collega in quel di Padova, era pronta per fare il suo compito di fronte ad un grosso gruppo di delfini. Appena avvistati ho deciso di provare; ho montato il pezzo con calma e poi mi sono messo a prua intimando a Juma di procedere di buon passo per stimolare i loro salti ed e’ stato allora che e’ successo…

Non so se avete mai avuto un legame con gli animali, o se avete la sensazione che quando ne state guardando uno anche lui vi stia scrutando. E’ una sensazione istintiva che non e’ razionalmente spiegabile completamente, ma si ha la percezione che una comunicazione in quel momento e’ in atto. Mentre mi sporgo a prua uno dei delfini nuota lateralmente e il suo sguardo incrocia il mio per qualche istante.

Resto come paralizzato, e’ come se lui sapesse che da un momento all’altro lo sto per prelevare un piccolo pezzo della sua pelle, e io mi sento quasi colpevole. Rimango a prua per qualche minuto senza parole finche’ raccolgo il coraggio e dopo aver pronunciato “Scusami” lo colpisco delicatamente e prendo un pezzetto di pelle. Mi siedo e ripongo al sicuro il campione, poi guardo Juma e gli dico di tornare a casa, non me la sento di proseguire, e’ troppo forte il ricordo di quegli occhi nel mare…

venerdì 29 giugno 2012

Fine anno...

Ci siamo, dopo tanta attesa gli studenti si sono laureati ed e’ stato un momento meraviglioso. Ho rivisto in loro la tensione, la paura nell’affrontare la commissione, ma anche la voglia di voler riuscire a scapito di tutte le difficolta’ che si possono incontrare qui in Africa.

In questi giorni ho controllato i loro lavori di tesi e vi posso garantire che alcuni di loro possiedono delle grandi potenzialita’, tanto che mi chiedo “E se avessero avuto la possiblita’ di poter studiare in Europa…”. Si perche’ sono riusciti a farcela qui in Africa e devi averne del tuo se vuoi riuscire.

I ragazzi che sono riusciti a raggiungere la laurea magistrale sono i primi del loro paese; questo e’ il primo master attivato dalla neonata universita’ delle Comore e per loro essere qui adesso e’ sentito come un grande onore. La cosa bellissima e’ stata per me vedere la preparazione febbrile di questi giorni.

Come spesso avviene qui in Africa, gli studenti si sono aiutati a vicenda, ascoltandosi le presentazioni, dandosi consigli, perche’ tutti potessero farcela e nessuno rimanesse indietro, da solo. Questo spirito di gruppo e’ stato espresso al massimo in vista dell’esame finale; sono partiti come un gruppo, e come gruppo si sono sorretti, tutti assieme fino alla fine.

Vedere ora quelle emozioni, quell’energia mi ha fatto ritornare indietro di qualche anno, un piacevole salto nel tempo a quando, assieme a colleghi ed amici che ora sono a migliaia di miglia da qui, ho provato le medesime sensazioni. Vedere l’esposizione di Artadji e i complimenti della giuria mi ha riempito di gioia, sapendo tutte le esperienze che abbiamo condiviso qui assieme sotto il cielo africano…

giovedì 28 giugno 2012

Levantino...

Levantino e' un parola che in passato indicava una persona che proveniva dalla costa orientale del mediterraneo. In passato questo soprannome e' stato anche dato ai mercanti ebrei che si sono diffusi in tutta l'europa e che Venezia ospito' in uno dei primi primi ghetti del mondo;  non era loro concesso di avere delle proprieta' per cui uno dei modi che loro avevano per sopravvivere era quello di commerciare e di prestare soldi ad usura, per cui nel tempo si e' formata l'immagine  erronea ed offensiva dell'ebreo come un usuraio, avaro e spregiudicato.

Il vento di levante giunge da est, da dove sorge il sole e appare all'improvviso, inatteso e inaspettato, freddo umido, portatore di tempesta. Quando effettuiamo le uscite in barca partiamo con le prime luci dell'alba e il sole e' ancora nascosto alle nostre spalle dal vulcano, ma appena sbuca da dietro la caldera ecco che immediatamente un vento fresco spira da est, contrario alla corrente che di solito ci accompagna nelle nostre uscite quotidiane.

Questo vento improvviso solleva spruzzi d'acqua rendendo difficile l'osservazione degli animali quasi a volerci intimare il rientro sotto costa, perche ‘stiamo esplorando una zona proibilta. Nelle ultime nostre uscite ho notato come si manifesta sempre in una determinata zona, non molto al largo, quasi che la montagna gli faccia da trampolino, effettua un salto e non ricada immediatamente sotto costa, ma a qualche miglio di distanza. Appena rientriamo cessa e possiamo navigare agevolmente. Chissa' cosa nasconde la "zona del levantino"...

mercoledì 27 giugno 2012

Epidemia...

Epidemia e' una parola greca composta da "epi" e "demos" che significa sopra la gente. Si riferisce comunemente alle malattie con una rapida diffusione. Nel passato ce ne sono state molte che sono cominciate in maniera epidemica per poi diffondersi come vere e proprie pandemie (dal greco "pan" e "demos"  su tutte le persone) incontrollabili.

La storia ci racconta della terribile Morte Nera, l'epidemia di peste bubbonica che esplose verso la meta' del quattordicesimo secolo. Originatasi in Cina si diffuse attraverso i ratti in tutta Europa decimando l'intera popolazione; stime parlano di un numero di morti compreso tra un terzo e la meta' della popolazione. La storia recente ci racconta della grande febbre chiamata la Spagnola che nei primi anni del novecento fece piu' morti della Grande Guerra, con oltre 10 milioni di morti.

Per venire qui alle Comore non ci sono dei vaccini obbligatori da fare  e considerando la vita che faccio non corro grossi rischi, tanto che alle volte ho pensato di fare qualche vaccino superfluo come epatite e tifo, ma alla fine e' stato meglio cosi'. Poco prima della laurea degli studenti sembra che ci siano stati acuni casi di febbre tifoide. Non credo nulla di grave dato che non se ne sente piu' parlare, ma meglio stare sempre all'occhio.

Qeusto mi ha fatto riflettere su quanto poco basti per causare delle malattie e quanto, allo stesso tempo, serva per poter debellarle. La conservazione del cibo, la pulizia, il trattamento dei rifiuti, tutti piccoli accorgimenti che da soli basterebbero per eliminare alcune malattie che in alcuni posti sono oramai dicenute endemiche ("en demios" del popolo) sempre presenti in una determinata area.

Prima di partire Artadji mi ha detto che all'inizio dell'anno si era diffusa una piccola infezione agli occhi tra la popolazione e che sarebbe stato meglio portarsi delle medicine adeguate. Mi hanno fatto notare che sarebbe bastato toccarsi gli occhi solo dopo essersi lavati le mani per ridurre, e di molto il problema. Pochi e piccoli accorgimenti...

martedì 26 giugno 2012

Vita di campagna e vita di citta'...

Il comportamento degli animali viene sempre influenzato dall'ambiente che li circonda, modificandone abitudini e stili di vita. L'uomo, essendo un animale, sebbene spesso lo dimentichi, viene influenzato alla stessa maniera. Lavorando qui alle Comore mi devo spesso spostare in alcuni piccoli villaggi lontani dalla capitale ed un po' come spostarsi in campagna con i suoi ritmi e i suoi tempi.

Vivere in citta', anche qui in Africa, fornisce una serie di servizi incredibili rispetto ai villaggi, come luce elettrica o alcuni tipi di cibo, ma vi posso assicurare che genera comunque un certo quantitativo di stress. Tutte le volte che sto in citta' oltre all'attivita' di campo ci sono mille cose da fare che mi fanno sempre girare come una trottola; avere la corrente elettrica e la connessione internet con il mondo ti rende reperibile e quindi sei sempre sulla corda.

In villaggio invece non c'e' niente da fare. Dopo l'uscita in barca accendi il pc solo per effettuare lo scarico dati e poi che fai tutto il giorno? Riposi, passeggi per il villaggio, leggi o scrivi. Qui la corrente elettrica arriva qualche ora ogni 3 giorni circa e non parliamo poi del collegamento internet, praticamente assente. Il villaggio ha un ritmo di vita completamente diverso, lentissimo.

Dopo il lavoro ti siedi e aspetti parlando o giocando fino alla cena. Ecco una cosa che ho notato di questi villaggi; qui la gente se non sta lavorando resta seduta e aspetta che il tempo faccia il suo corso, che la giornata volga al termine e un nuovo giorno ricominci. Qui purtroppo non ci sono stimoli, non ci sono desideri, non ci sono prospettive. La generazione dei padri, qui nei villaggi spesso fa una vita monotona e ripetitiva quasi alla sopravvivenza, mentre i giovani, che cercano nella capitale prospettive e futuro, vivono di sogni che spesso non realizzeranno mai...

lunedì 25 giugno 2012

Capo Ricercatore...

In molti ambienti lavorativi spesso ce' bisogno di un coordinatore o di un vero e proprio capo che per competenze, esperienza o doti innate, riesce a far rendere al meglio i suoi colleghi. Nel mio lavoro ogni gruppo di riceca ha un docente di riferimento che coordina il suo gruppo di "scagnozzi" sul campo per la raccolta dati.

Nel mio primo anno di attivita' sul campo mi sono avvalso della collaborazone di alcuni pescatori. Oramai conoscono questo matto "Mzungu" (parola swhaili che significa bianco) che va in giro a fare il guardone di delfini, ma soprattutto conoscono il mio lavoro e quali manovre effettuare quando incontriamo gli animali. Con loro non ho n rapporto solo lavorativo, ma anche umano molto intenso e con uno di loro, Juma, siamo diventati, per sua stessa affermazione, fratelli; infatti quandogli fanno notare che abbiamo la pelle di colore diverso lui risponde "Io sono scuro perche' faccio il pescatore, lui e' chiaro perche' lavora a terra".

Juma inoltre ha un vero e proprio fiuto per gli animali e ultimamente e' cosi' interessato alla ricerca che ha imparato alcuni termini tecnici. Quando, ad esempio, vede un gruppo di animali urla un rauco "GROUP!", oppure quando vede un delfino che salta ecco che mi avverte gridando "BREACH!". Ultimamente ha acquisito molta sicurezza tanto da essersi guadagnato sul campo la qualifica di capo ricercatore.

Oggi, durante un bagno ristoratore prima di rientrare a terra, il nostro Capo Ricercatore osservava una maschera da sub finche' prende il coraggio a due mani, la indossa, e dal bodo della barca scruta dentro l'acqua mentre lo osservo. Prima immerge solo per un attimo la testa poi rimette la testa in acqua e urla "MARCO!". Io mi avvicino e lui, con ancora la mascera sul volto, mi guarda quasi impaurito di fronte alla grandezza della scoperta che ha appena fatto.

Mi sembra di rivedere in lui lo stesso sguardo di molte nostre scoperte puerili, quando, con candore di fanciullo, osservavi il cielo, le stelle o il fuoco. Ecco, con quell'innocenza, da molti di noi ormai perduta, Juma mi guarda e mi urla "MARCO, LE BLEU!" (Marco, e' blu). E non provate a contraddirlo...

domenica 24 giugno 2012

Kara Kara … non e’ tutto oro quello che luccica…

Qui alle Comore il Gran Marriage (Grande Matrimonio) e’ una sorta di rito di passaggio per l’ingresso nella societa’ che conta, una sorta di titolo nobiliare che rende una persona, la sua famiglia e il suo villaggio importanti e rispettati. Per poterlo realizzare pero’ servono un sacco di soldi, dato che lo sposo deve offrire almeno 7 giorni continui di festeggiamenti, quindi si parla di qualche migliaio d’euro, cosa non semplice da accumulare in questo paese. Ma se qualcuno non ha a disposizione tutti i soldi allora arrivano in aiuto i parenti e gli amici piu’ stretti, donando dei soldi oppure mediante una pratica molto particolare, il Kara-Kara…

Praticamente lo sposo che vuole fare il Gran Marriage decide di vendere alcuni suoi oggetti agli amici che vogliono aiutarlo, solo che il valore dell’oggetto in questione viene deciso da chi vuole sposarsi. Ad esempio, io posso vendere ad un mio amico che vuole sponsorizzare il mio matrimonio un cellulare per 500 euro quando in realta’ il suo valore reale non supera i 50 euro.

Molti di voi penseranno che e’ un’usanza strana ma vi faccio vedere quante analogie ci sono con il nostro mondo. Ad esempio se vado al mercato per comprare una maglia di cotone la pago 20 euro e sopra non c’e’ scritto nessun logo o marca e nemmeno un disegno. Dopo il mercato passo in un negozio di una qualunque marca prestigiosa e prendo una maglia sempre di cotone, solo che qui c’e’ un minuscolo logo e improvvisamente il costo schizza a 200 euro.

Quindi quando comprate in un negozio firmato state facendo anche voi Kara-Kara, dato che il prezzo dell’oggetto non viene stabilito dal suo valore reale, ma solo da un piccolo disegno che la rende in qualche modo speciale ai vostri occhi, sebbene spesso il materiale con cui e’ fatta e’ lo stesso. L’unica differenza e’ che voi non state sovvenzionando nessun Gran Marriage, ma solo le tasche di qualcun altro che vi ha letteralmente preso per i fondelli facendovi credere che una oggetto che porta il suo cognome sia migliore di uno stesso oggetto anonimo. Pensateci un po’ su…

sabato 23 giugno 2012

Il Danno e la Beffa...


Questa espressione di uso comune viene spesso utilizzata quando qualcosa va storto a cui poi si aggiunge un qualche scherzo del destino. Qui il destino si chiama Baraka e la mia ha un forte senso dell’umorismo…

Il Khartala e’ il centro universitario dove oltre alle residenze dei ricercatori, sono stati installati i laboratori dei due progetti europei e udite udite da quest’anno anche la linea internet gratuita! Pieno di speranza mi dirigo oggi alla sala informatica ma sento in lontananza un suono stridulo e sospetto. Comincio a cercare in giro finche’ trovo il contatore della luce che emette questo suono che a me pare alquanto portatore di sventura; mi avvicino e noto una spiacevole luce lampeggiante rossa ed una scritta inequivocabile sul display:” ERROR”.

Cerco il guardiano della struttura ma non lo trovo. Incrocio uno dei professori dell’universita’ che mi dicono che la linea internet funziona benissimo, ma che il problema adesso e’ elettrico. Come lo scorso anno si sono dimenticati di pagare la bolletta e quindi l’ente ha deciso di interrompere l’erogazione corrente... mi sembra di rivivere un incubo…

venerdì 22 giugno 2012

Ritorno a Casa...

Oggi dopo una settimana di villaggio siamo tornati in capitale, al nostro piccolo rifugio occidentale carico di comfort. Questa volta la csa che maggiormente ci ha provato e’ stato il cibo, non tanto le scomodita’ logistiche. I problemi dovuti alla recente alluvione si sentono anche a casa del governatore e la dieta che abbiamo seguito questa settimana non e’ stata molto varia, cambiando tra riso+cassava e cassava+riso cosi’ quando abbiamo fatto la spesa abbiamo deciso di cenare come si deve e allora ecco che abbiamo comprato pasta, sugo  al basilico e del grana. Non chiedetemi la qualita’ di questi alimenti, ma quello che posso farvi vedere e’ il risultato, che non ha tradito le nostre attese…



giovedì 21 giugno 2012

Il Dio della Guerra e la Dea dell'Amore...



Il mito greco ci racconta di due divinita’ che sono divenute il simbolo della mascolinita’ e della femminilita’, Ares dio della guerra e Afrodite, la dea dell’Amore, che poi nel panteon romano divennero Marte e Venere. A ciascuno di loro e’ associato un simbolo che viene comunemente usato per indicare il genere maschile e quello femminile, lo scudo per Marte () e lo specchio per Venere ().

Vivendo a contatto con i locali ho avuto modo di poter solo vedere uno dei due mondi, solo una delle due meta’ del cielo, quella maschile, mentre il mondo femminile mi veniva sempre cortesemente negato, con piccoli sorrisi e rispettosi rifiuti senza che io potessi mai accedervi. Quest’anno non sono sceso da solo qui alle isole Comore. C’e’ anche una studentessa che deve effettuare la raccolta di dati sul campo ed e’ stato bello vedere il diverso trattamento a lei riservato a dispetto di ogni difficolta’ linguistica o culturale.

Eravamo al villaggio di Bangua e solitamente verso le 18 le donne cominciano a preparare la cena per gli uomini; si avete letto proprio bene. Le donne preparano tutto per gli uomini che mangiano assieme tra loro mentre le mogli restano in disparte e consumano il loro pasto da sole, perche’ secondo la loro cultura, e’ disdicevole che una donna mangi con il marito se questi ha degli ospiti a cena. 

Ma nella preparazione del cibo gli uomini non possono mai prender parte, in alcun modo; e’ il momento di comunanza delle donne e sebbene abbia cercato con garbo di avvicinarmi a loro per vedere come si preparava una pietanza o altro le donne mi dicevano in modo gentile che potevo accomodarmi in disparte che a breve mi avrebbero fatto assaggiare qualcosa. 

In questa settimana ho visto invece questa studentessa accolta in mezzo a loro; poteva prender parte ad attimi della loro vita che io posso solo osservare seduto da una sedia, in disparte. Nonostante le difficoltà linguistiche (non tutte le donne al villaggio parlano francese) l’hanno accolta nel loro mondo facendola sentire subito parte di questa grande famiglia e confesso che io provavo una certa invidia, per l’ingresso nel cielo della dea dell’Amore, pieno di riti e parole non dette,   precluso e spesso contrapposto al cielo del dio della Guerra…

mercoledì 20 giugno 2012

Il Passato non e' sempre una Terra Straniera...



Giorno di tempo fermo qui in Africa. Aspettavo questa dimensione in cui ti riappropri di te stesso. Guardi l’Oceano Indiano che ruggisce sugli scogli mentre nuvole che sembrano palazzi solcano sopra di te un cielo blu deciso, tanto da sembrare dipinto. In questi momenti l’Africa ha il magico dono di farti guardare dentro di te con occhio critico e spesso volgi lo sguardo al tuo passato, ma senza la nostalgia di chi vorrebbe che le lancette del tempo tornassero indietro.

Volgi lo sguardo indietro sorridendo dei bei momenti che hai trascorso, traendo forza da quell’energia positiva, e ti rammarichi per gli errori commessi, da cui devi imparare per non ripeterli in futuro.

Certo tutto questo e’ possibile anche in Europa, non lo nego, ma qui non ci sono distrazioni, stress, pressioni esterne. Qui non c’e’ niente, ci sei solo tu di fronte a te stesso e al tuo vissuto; per cui credo sia normale qui sedersi di fronte all’Oceano Indiano, e ripercorrere tratti del tuo passato che in Europa e’ cosi’ lontano da sembrare alle volte una terra straniera, ma non qui, in Africa…

martedì 19 giugno 2012

Il Dio del Mare...



Oggi e’ stato il primo giorno di uscite qui a Bangua. Abbiamo deciso di aspettare per far calmare il vento e devo dire che stamane sembrava fatta. Abbiamo fatto un giro al porto nel pomeriggio di ieri e le onde erano calate vistosamente cosi’ oggi abbiamo deciso di prendere la barca ma il Dio del Mare spesso inganna i marinai…

In molte culture il dio del mare possiede spesso due facce; un lato benevolo, dispensatore di doni, ed uno violento ed iracondo, portatore di distruzione. Un’antica divinita’ marina, un Dhevi, che un tempo abitava l’Oceano Indiano era Odivaru Ressi. Raffigurato come un grande marlin (pesce spada) era un dio minaccioso a cui venivano offerti sacrifici per rabbonirlo e avere una buona pesca, ma spesso la divinita’ non ascoltava le suppliche e prendeva con se le vite dei naviganti…

Oggi siamo arrivati abbastanza agevolmente alla baia di Itzunzu in attesa dell’arrivo dei delfini quando ho come un sussulto: il vento comincia a salire e le onde in baia crescono; il tutto mi sembra un evidente segnale che indica il rientro immediato. Mentre navighiamo verso casa il mare si ingrossa ma non ho paura, sono con Capitan Washewo, uno tra i pescatori piu’ esperti, ma sento che anche lui non e’ tranquillo, non ride, ma e’ serio e attento, sente che c’e’ pericolo e un’onda che entra in barca e mi lava dalla testa ai piedi lo fa capire anche a me…

Non so se siete mai stati in barca con il mare agitato. Sembra di stare sopra il coperchio di una pentola con l’acqua in ebollizione ed e’ stato allora che ho pensato all’inganno che ci ha giocato il dio del Mare. Odivaru Ressi era in agguato e appena ci siamo distratti ha ingrossato il mare per avere il suo tributo. Nelle leggende e’ spesso raffigurato come un enorme pesce spada che buca e affonda le imbarcazioni. Ma non ha fatto i conti con il mio pescatore. Capitan Washewo, doma le onde, combatte, scoda, si muove come sull’olio, tanto sembra delicato mentre sguscia dal pericoloso abbraccio delle onde finche’ arriviamo al porto. 

Scendo dalla barca e il vento sembra aumentare, producendo fragorose onde che s’infrangono sugli scogli con un boato quasi assordante, tanto forte che mi pare quasi di sentire il ruggito del dio del mare, Odivaru Ressi…

lunedì 18 giugno 2012

La televisione...



La televisione e’ arrivata nelle case degli italiani alla fine degli anni 50’ con il contagocce. Mio nonno mi ha raccontato che all’inizio solo i benestanti potevano permettersela e soprattutto avevano l’elettricita’ in casa. Qui a Bangua, il villaggio dove mi trovo non sempre arriva la corrente elettrica, e di televisioni ce ne sono pochissime.

Il governatore di cui sono ospite, ha da poco acquistato un generatore per la corrente elettrica, una televisione ed un decoder satellitare. Cosi’ ogni sera lui la prende, la posiziona in giardino, e dopo cena ecco accorrere un nutrito gruppo di persone che silenziosamente e ordinatamente si siedono per terra per vedere dentro alla scatola scatola magica. 

In questo momento non c’e’ distinzione tra Marte e Venere, tra uomini e donne, e’ una tra le poche cose che fanno assieme. Inizialmente il pubblico e' prevalentemente femminile dato che il programma e’ una telenovela sudamericana probabilmente argentina che mi richiama molto Veronica Castro e Dancing Days degli anni 80’-90’. Ma appena finisce  e cominciano le partite di calcio degli Europei ecco che il pubblico diventa quasi completamente maschile.

Stasera confesso che ero pronto a sentirmi un po' italiano medio, ovvero guardarmi la partita della nazionale assieme ai miei (quasi) fratelli comoriani, ma non ho fatto i conti con la mia Baraka. Infatti appena e’ finita la telenovela sudamericana mi stavo sfregando le mani all’idea di vedere la partita qui in Africa, sebbene privo di portafortuna di fantozziana memoria (vestaglione di flanella, spaghetti aglio olio e peperoncino e birra ghiacciata), quando vedo che viene trasmessa l’altra partita. Ma porca miseria…

domenica 17 giugno 2012

Il Diluvio...



Molte religioni hanno nei loro testi sacri o nei loro miti un momento di grande distruzione; gli dei decidono di cancellare quello che hanno creato cercando di preservare individui meritevoli a cui affidare una nuova fioritura della civilta’. Il mito biblico ebraico e cristiano narra del diluvio universale in cui piovve per 40 giorni e 40 notti. In precedenza Noe, uno dei patriarchi, aveva costruito la famosa arca in cui salvare una coppia per ogni specie vivente.

E' interessante notare come questa catastrofe venga ripresa in forme diverse da molissime culture, dal nord Europa passando per il medio oriente sumero, l'India, la Cina, l'Oceania fino a toccare le poplazione delle americhe;.quasi sia una trasposizione mitica di un fatto storico realmente accaduto.

Oggi abbiamo preso la macchina per andare a Bangua e lungo la strada Artadji racconta che un mese fa ci sono state due settimane di pioggia ininterrotta che ha provocato una vera e propria inondazione che ha coinvolto quasi tutti i villaggi dell’isola provocando danni ingenti. Per un mese la capitale e’ rimasta senza acqua, mentre tutti i villaggi sono rimasti per lo stesso periodo senza energia elettrica. 

Il danno peggiore riguarda i collegamenti. Il diluvio che e’ sceso ha reso impraticabili le poche strade che gia’ ci sono nell’isola e quelle percorribili sono state distrutte, travolte da una valanga di fango e detriti che ha letteralmente staccato pezzi di asfalto portandoli fino al mare. Passando vedo la furia della natura che ha cancellato case, pompe di benzina, negozi che sorgevano lungo la strada o nei villaggi.

Vedere tutta quella distruzione mi lascia senza parole, soprattutto al pensiero della possibile ricostruzione. Mi chiedo quanto ci vorra’ per rendere di nuovo completamente agibile la strada, o ripristinare la gia’ precaria linea elettrica tra i vari villaggi, in uno tra i paesi piu’ poveri del mondo…

sabato 16 giugno 2012

Andanamila...



Oggi ho rivisto il governatore della regione di Bangua per discutere con lui della possibile permanenza al villaggio. Rivederlo e’ stato bellissimo e mi ha fatto sentire come sempre a casa mia. Quest’anno non sono da solo, con me c’e’ anche una tesista dell’universita’ di Torino e avevo proposto al Governatore di piantare una tenda nel suo giardino per non disturbare a casa sua.

Artadji mi ha aveva detto che sarebbe stato difficile per lui accettare una cosa simile per la cultura che qui alle Comore viene riassunta con la parola Andanamila. Questa semplice parola il cui suono richiama qualcosa di fluido che non sta mai fermo, che si muove da una persona all’altra, una sorta di energia che si respira in tutta l’isola. 

Potrebbe essere una sorta di “dare-avere” continuo che esiste in questo popolo, per cui puoi girare per tutti i villaggi senza avere del denaro in tasca, ma sapendo che non ti manchera’ mai un tetto dove dormire, ne’ un piatto di cibo per mangiare. 

In base a questo principio un comoriano accettera’ a fatica che io possa dormire in una tenda fuori dal villaggio, ma cerchera’ di ospitarmi in casa sua o se non sara’ possibile trovera’ qualcuno che possa farlo al suo posto. Per questo il governatore quando sente le mie affermazioni scuote la testa e mi guarda severo dicendomi “Non hai ancora capito Marco? La mia casa e’ la tua casa, puoi venire quanto vuoi e quando vuoi, e poi sei uno della famiglia, come potrei chiuderti la porta in faccia?”. 

Mi sono alzato verso di lui e commosso l’ho abbracciato. Debbo fare una precisazione: il costume di Andanamila e’ sviluppato solo qui a Grande Comore. Se invece provenite da un’altra isola come Anjuan o Moheli allora sappiate che quello che conta non e’ l’onore, o l’amicizia, su cui si fonda l’Andanamila, ma solo i soldi, come spesso avviene nella nostra tristissima Europa…

venerdì 15 giugno 2012

Occidente...



L’occidente ci ha dato molti strumenti per poter affrontare la vita, ma ci ha pure fatto conoscere molte paure che anni fa non esistevano. Pensate ad esempio al problema delle pentole e padelle anti-aderenti. Fino a non pochi anni fa, sebbene incrostate, si continuavano ad utilizzare, mentre ora si adoperano sempre meno. 

In un posto come questo, ove il problema delle pentole scrostate credo sia il minore, ci sono moltissime cose verso cui noi occidentali prestiamo attenzione. Vi lascio ad esempio un estratto di un dialogo occidentale tra due ricercatori italiani.

Domanda: “La padella e’ tutta scrostata, non e’ che se cuciniamo qui poi ci mangiamo qualcosa di cancerogeno?”
Risposta: “Secondo te credi che, considerando quello che potremmo respirare qui mentre viene bruciata la plastica e taniche di liquidi tossici, oppure di fronte alla qualita' del cibo che cuciniamo, sia un reale problema? ”

Commenti a piacere…

giovedì 14 giugno 2012

Il Muro...



Il muro e’ una costruzione fisica utilizzata per dividere due spazi. La storia ci ha raccontato centinaia di fortificazioni che non hanno diviso solo spazi, ma culture e vite. Basti pensare al Vallo di Adriano che separava la potenza di Roma alle popolazioni barbare dell’Inghilterra, passando per la Muraglia Cinese fino al tristemente noto Muro di Berlino, simbolo della Guerra Fredda, che divideva il mondo in due blocchi contrapposti.

La casa in cui vivo adesso alle Comore e’ circondata da un imponente muro che non la separa solo fisicamente dal mondo esterno, ma sembra quasi impedire ogni tipo di contaminazione. E’ la stessa sensazione che ho provato quando ho visitato un gruppo di ricercatori inglesi nell’isola di Anjuan( Guarda qui! ). Essi vivevano in una casa che aveva ogni tipo di standard occidentale e sentivo una certa distanza dall’Africa e quasi ero contento di avere tutte quelle scomodita’, che mi facevano sentire cosi’ vicino alla popolazione locale. 

Ora la mia casa’ sara’ meravigliosa, ma mi dona una certa distanza con il mondo che mi circonda, l’Africa, che alle volte quasi mi dispiace di starci. Prima di entrare attraverso lo spesso cancello di metallo osservo spesso la strada sporca, distrutta dalle buche e poi guardo all’interno dove e’ tutto pulito e ordinato. Questa settimana andro’ in un villaggio come lo scorso anno, Bangua, e sara’ un ritorno in famiglia, alle scomode origini che mi fanno sentire parte di questa mia magnifica Africa… 

mercoledì 13 giugno 2012

Un Pescatore...

Ci siamo, ieri ho sentito il mio pescatore di fiducia, Juma per la prima uscita in barca. Dopo la sveglia con il Muezzin alle 04:00 siamo arrivati al villaggio di Itsandra ed ecco che nella penombra dell'alba sento una voce che mi chiama "Marco!" e ci abbracciamo con vigore. Non possiamo comunicare molto, dato che lui non parla francese ed io comoriano, ma c'intendiamo comunque.

L'uscita va molto bene, con ottimi avvistamenti di animali mentre il mare si ingrossa, ma Juma non fa una piega, sposta la barca come fosse un giocattolo e mi sento sempre sicuro con lui alla guida. Ogni tanto urla il mio nome e io gli rispondo urlando "Juma" e scoppiamo a ridere entrambi. L'uscita finisce e dopo aver sistemato la barca e' il momento della ricevuta. Si perche' ogni volta che esco devo farmi firmare una ricevuta per i vari rimborsi spese.

In quel momento Juma prende la penna come fosse un pittore e disegna qualcosa di simile ad uno stegosauro e poi mi guarda soddisfatto della sua opera. Sorrido anch'io mentre me ne vado e lo guardo in lontananza mentre all'ombra di un grande Baobab si assopisce il mio pescatore...

martedì 12 giugno 2012

Carichi Sospesi...

Lo scorso anno vi avevo parlato dei problemi relativi di traffico e di alcune tipologie di guidatori che si trovano da queste parti, ma non vi avevo parlato di come si possono trasportare i materiali da costruzione o simili, ovvero i carichi pesanti, sporgenti e sospesi...

Si parte dal concetto di fondo che ogni mezzo puo' trasportare qualsiasi cosa seguendo la massima innegabile "Tutto in Africa e' possibile". Pertanto non importa che cosa devi spostare, ogni mezzo di locomozione andra' bene. Percio' se ad esempio devi portare  una tavola di legno molto grande, in Italia chiameresti un furgone, mentre qui basta un semplice taxi. Chiedi ai passeggeri  se possono darti una mano e se accettano ecco che la tavola viene appoggiata sul tetto e ognuno dei passeggeri sporge una mano dal finestrino e la tiene ferma evitando che cada fino a destinazione.

Se avete delle assi da trasportare le mettete tutte nel bagagliaio e poi per evitare che cadano per terra ci mettete sopra dei sassi, in modo che il peso le blocchi; ovviamente qui in Africa non serve mettere il cartello del carico sporgente.

Ma la cosa migliore avviene quando bisogna fare un'impalcatura. I pali di ferro sono appoggiati al terreno e la struttura d'acciaio e' legata come meglio si puo' e non viene segnalata in alcun modo. Pertanto i pedoni ci passano attraverso non curanti di quello che potrebbe cadere; ovviamente tutti gli operai seguono alla lettera le norme sulla sicurezza africana...

lunedì 11 giugno 2012

Incontri...

La giornta di ieri e' stata ricca di altri importanti incontri. Ho rivisto il mio studente, Artadji, e ho sentito una tale forza nel suo abbraccio, quasi fossi suo fratello. Si perche' dovete sapere che qui sono parte di una famiglia che mi ha accolto come un figlio. Una volta mi e' stato detto “Ricordati che adesso hai due famiglie, la tua famiglia muzungu in Europa, ma anche la tua famiglia comoriana; quando ritornerai sappi che avrai sempre una casa dove andare, basta che chiami in ogni momento, giorno e notte e noi ci saremo". Essere qui e un po' un ritorno a casa per me e oggi vado a trovare la mamma...

Artadji mi ha detto che era contentissima di rivedere il suo bambino, anche se gli dispiaceva di non potermi vedere tutti i giorni, ma soprattutto ha detto che se dovessi aver bisogno di qualunque cosa, cucinare, le pulizie, lei sarebbe venuta ovunque fossi stato. Resto letteralmente senza parole e mentre parliamo sono di fronte al Karthala, la mia vecchia residenza e la scorgo in lontananza. E' vestita con una delle sue vesti coloratissime, porpora e giallo, su cui risplende la sua pelle color del cuoio.

I suoi occhi neri come la pece guizzano quando mi vede e corro da lei con le mani giunte chiedendo "Mama Quesi?" (mamma mi benedici?), lei prende le mia mani nella sue e senza lasciarle dolcemente mi dice "Mama 'Mbona Baraka"(la mamma ti benedice con la sua baraka). Mi accarezza una guancia e mi chiede "Gaomnunnu?" (Stai bene) sorrido commosso mentre annuisco e le rispondo "Ewua Mama" (Si mamma). Sospiro mentre l'abbraccio e sento di essere tornato a casa...

domenica 10 giugno 2012

Cos’e’ l’Africa…

Una volta mi chiesero "Capisci Marco cos'e' l'Africa?". Mi aveva raccontato di come da qui si aprono e chiudono cerchi nella propria esistenza e stando in questo posto del  mondo ho capito il significato nascosto, oltre le misere parole. La magia di questo posto e' grande, come il suo cuore, il Grande Cuore Nero dell'Africa. Mi aveva raccontato di come un filo, un piccolo grande filo di Arianna congiunge tutti noi, o almeno tutti quelli che dall'Africa si fanno accogliere...

Lo scorso anno spesso passavo da una tavola calda per mangiare qualcosa e per sentire che succedeva in citta'. Avevo fatto amicizia con i gestori, che sorridevano alla vista di questo bianco cosi' strambo che non mangiava al ristorante, ma aspettava in coda assieme a tutti gli altri. Con uno di loro, Mohamed, avevo un buon rapporto e qualche volta ci siamo presi un caffe e fatto interessanti conversazioni. Lui mi parlava spesso della sua famiglia che viveva in Francia da anni e della sua voglia di raggiungerla, ma che ostacoli burocratici ed economici gli negavano continuamente il visto

Oggi mentre passeggiavo per la strada commerciale ci ho sbattuto letteralmente contro. Dopo un attimo di grande stupore ci siamo abbracciati con calore e lui con una gioia indescrivibile negli occhi mi ha detto che domani sarebbe partito per la Francia, finalmente aveva il visto, poteva rivedere sua moglie e suo figlio! Gli chiesi solo quando sarebbe ritornato, se magari ci saremmo rivisti e la sua risposta aveva un velo di tristezza quando pronuncio': "Jamais", "Mai Piu".

Ci abbracciammo in silenzio, non volevo chiedere altro e non sarebbe nemmeno servito chiedere altro. Ci siamo lasciati con un reciproco buona fortuna, sapendo entrambi che forse non ci saremo mai piu' incontrati. Ma qui, l'Africa, ha chiuso questo cerchio, mi ha permesso di incontralo ancora una volta, l'ultima, prima della sua partenza...

"Si, adesso capisco cos'e' l'Africa..."

sabato 9 giugno 2012

Versailles

La reggia di Versailles fu uno dei celebri palazzi all'epoca del re Francese Luigi XIV, detto anche il Re Sole, per far conoscere al mondo la grandezza della Francia (controllare). questo sovrano diede vita alla tradizione delle monarchie assolute, (celebre fu la sua massima "lo stato sono io") e la reggia doveva rispecchiarne la grandezza e magnificenza. Quest'anno non alloggero' alla solita residenza per i ricecatori universitari, ma ho deciso di prendere una casetta. Certo, non sara' una villa, ma vi posso assicurare che quello che mi ha trovato il Mercante di Pietre (Guarda Qui!) e' praticamente un castello...

 Situato in prima periferia, e vicino alla prigione troviamo un enorme cancello in ferro ed ai lati si stendono delle alte mura, quasi a nascondere il prezioso involucro e qui appena varchiamo la soglia del cancello ecco un'imponente villa di fronte a noi e sulla destra un grandisimo giardino in pendenza, con alberi, roseti e sul fondo una piccola casetta, la mia piccola reggia per questo periodo africano. 


Interno piastrellato, dotato di (quasi) tutti i comfort occidentali; frigorifero, lavatrice, fornello, bagno con scarico e perfino una doccia mi fa sobbalzare. Praticamente rivedo nella mente le vite parallele di due ricercatori (leggi qui) che adesso potrebbero diventare quasi uguali. Certo c'e' ancora molta strda da fare, ma se il buongiorno si vede dal mattino direi che partiamo con il piede giusto...

venerdì 8 giugno 2012

Arrivo...

Ci siamo, dopo qualche ritardo l’Africa, la mia Africa, mi ha accolto. Il Mafagascar non lo conosco se non per una permanenza breve e appena salgo in aereo rivedo facce con cui ho maggiore familiarita’  e risentire “Salam Aleykum” mi fa stare bene. Arrivo in un lampo a Moroni ed appena esco dalla carlinga dell’aereo il calore di mamma Africa che ti avvolge, ed e’ un gesto istintivo quello di alzare le braccia al cielo blu pastello quasi fossi un bambino che vuole farsi prendere in braccia dalla propria madre, e a suo modo l’Africa un po’ lo e’, dato che sembra che la nostra madre ancestrale fosse nata qui, milioni di anni fa.

Dopo i controlli un po’ rocamboleschi arriviamo nel negozio del Mercante di Pietre e rivederlo e’ un momento bellissimo. Lo ritrovo in forma e ha sempre  quello sguardo intenso e scrutatore. Dopo una piacevole chiacchierata sul tempo che e’ passato, ci accompagna nel nostro alloggio che va oltre ogni mia attesa. Dotato d’ogni comfort occidentale (bagno, frigo, doccia, fornelli, lavatrice) potrebbe diventare una base ideale per piantare qualcosa di buono per il futuro.

Ci sistemiamo e poi ceniamo con calma sotto un cielo stellato che vi ho gia’ raccontato lo scorso anno (Guarda qui), ma che le parole non potranno mai rendere veramente…

giovedì 7 giugno 2012

La molla…


Giorni fa, durante una conversazione telefonica, un mio amico mi chiese dove mi trovavo e quando risposi che ero a Padova, seduto mi disse “Strano, si vede che stai ricaricando la molla della trottola” e devo dire che l’espressione mi fece sorridere non poco. La cosa poi si ripete’ qualche giorno dopo, complice un piacevole aperitivo. Stavo avvisando che a causa del mio ennesimo (o i-esimo) impegno avrei saltato un evento ludico per una trasferta e la stessa persona mi apostrofo' scherzosamente "Marcone (e' indicativo di stazza) lo devi invitare quando si ferma per ricaricare la molla (o "susta" come direbbe Nik the Quick), perche' poi riparte e lo prendi quando si scarica".

In questi giorni prima della mia nuova partenza per l'Africa stavo ripensando alla molla che si stava caricando. Ogni giorno accumuli, ansie, aspettative e ricordi delle prime esperienze. Come staranno gli studenti, la mia Mama, il Consigliere Inussa, Shaitan, Capitan Washewo, Juma o il Mercante di Pietre? Credo che sia tutto questo, che ci dona la forza per partire, per caricare la nostra molla interiore.

Inoltre c'e' una cosa che non bisogna mai sottovalutare ed e' Lei, l'Africa. Si perche' prima di partire ci sono alcuni momenti in cui fisso il cielo stellato per qualche istante (vi consiglio di farlo qualche volta, aiuta a sognare, e non dite che non avete tempo...), o guardo il mare e sento il nero cuore dell'Africa che da qualche parte batte dentro di me. Sara' un caso ma mentre sto scrivendo  sollevo lo sguardo verso il monitor dell’aereo e noto che sto sorvolando Moroni; una casualita'? Corro al finestrino cercando di vedere qualcosa, ma e' tutto buio e non vedo nulla, ma l'Africa mi ha chiamato e sa che sto arrivando...

P.S.

Prima di tutto questo c’e’ un piccolo giallo in questo viaggio. Alla partenza a Venezia imbarco il bagaglio con dentro il mio equipaggiamento dimenticando di chiuderlo a chiave, e poi, al controllo bagagli a mano, cominciano gia’ dei problemi in quanto trasporto un’asta telescopica per prendere dei campioni di pelle di delfino che non va affatto bene e mi dicono che devo imbarcarla. Torno al banco e mi dicono che per imbarcarla devo spendere 200 euro. Mi sento letteralmente disperato e alla mia vista dopo spiegazioni e pianti posso caricarla a bordo lasciandola sigillata, ma dovendo rifare i controlli che rieffettuo con immensa gioia!

Nemmeno il tempo di arrivare in Madagascar che sono di nuovo in ansia per il mio bagaglio con dentro tutta l’attrezzatura ma appena lo vedo e lo apro scopro che e’ intatto, nessuno lo ha toccato! Sollevo le braccia al cielo in segno di giubilo ed e’ allora che ripenso ad una cosa; sono in Africa, la mia baraka (Guarda qui) non mi ha abbandonato…

mercoledì 6 giugno 2012

Terremoto...

La parola terremoto deriva dal latino "terrae motus" e significa lettaralmente movimento della terra. E' una parola quantomai semplice e immediata che indica uno degli avvenimenti che piu' definiscono la forza e l'ingovernabilita' della natura, contro cui non e' possibile fare nulla se non sottostare alla sua volonta'.

La parola, che indica uno sconvolgimento totale e per certi versi irreversibile viene usato e spesso abusato in forma allegorica in tutti i campi dell'umano; recentemente nella mia vita e' avvenuto un qualche terremoto, un assestamento di zone sismische. Ma credo che il mio viaggio per l'Africa mi aiutera' a comprendere...