lunedì 1 luglio 2013

Sicurezza su lavoro III...


Eccoci con il nostro consueto corso comoriano sulla sicurezza sul lavoro; oggi visitiamo un’officina meccanica…

Per prima cosa dobbiamo prestare massima attenzione quando entriamo in officina dato l’elevato numero di scarti ferrosi, sparsi sul pavimento, tutti molto taglienti e arrugginiti per cui il nostro operaio lavora rigorosamente in infradito. Ogni attrezzo è poi usato solo a mani nude, oppure, ma solo in occasioni speciali, si utilizzano un paio di guanti bucati.

Spesso bisogna tagliare dei tondini o delle verghe di metallo. Sul piano di lavoro non ci sono delle morse in cui poter bloccare il nostro pezzo da tagliare. Ci si fa allora aiutare da due aiutanti che tengono ferma la verga mentre il nostro operaio la taglia. Notare che in mancanza di aiutanti puo’ essere chiesto anche l’aiuto di amici o passanti, personale ovviamente altamente qualificato. Se invece il nostro operaio e’ da solo appoggia la verga per terra, ci monta sopra con i piedi per fermarla con il suo peso e taglia con la sega circolare giusto in mezzo alle gambe sempre in braghe corte ed infradito, cosi’ se salta la lama mi taglia sicuramente un dito o peggio…

Alle volte invece bisogna saldare due pezzi di ferro. Il nostro operaio allora appoggia i nostri pezzi di ferro per terra, li blocca come puo’ con due pesi (di solito delle pietre) e prende il saldatore. Qui alle Comore ho visto una sola officina dove l’operario aveva una maschera da saldatore, tutti gli altri usano degli occhiali da sole con le lenti bruciate in modo artigianale…

Chiudo la rassegna con i trasporti carichi sporgenti. Non esiste nessun tipo di cartello per segnalarlo, per cui e’ il guidatore che sopraggiunge da dietro a dover prestare attenzione, non l’autista con il carico sporgente. Se il trasporto del carico avviene su un camion allora sopra il carico si mettono dei pesi, che possono essere sacchi di sabbia, pietre o anche uomini seduti per fissare il carico.

Se invece si trasporta un pannello o delle aste lunghe in taxi di solito si chiede agli altri passeggeri se vogliono farsi il viaggio reggendo un angolo del pannello. Si, avete letto bene; una volta mentre ero in taxi un passeggero prima di salire mi ha chiesto se poteva caricare un pannello di legno sul tetto della macchina e io ho detto che andava bene. Dopo averlo caricato, il guidatore e noi 3 passeggeri sui finestrini abbiamo fatto il viaggio con il braccio alzato reggendo il carico fino all’arrivo…

domenica 30 giugno 2013

Il Regno della Mangrovia...


La mangrovia e’ un albero molto particolare, mentre la maggior parte delle piante soffre terribilmente l’acqua salata del mare, questo vegetale nel corso del tempo si e’ adattata alle acque salmastre riuscendo a proliferare negli estuari o addirittura in riva al mare, formando vere e proprie foreste galleggianti, ricettacolo di biodiversita’. Qui alle Comore ho avuto la fortuna di vedere un enorme mangrovieto…

Dopo un percorso molto articolato arriviamo a quella che sembra essere una semplice foresta, ma, appena ci abbassiamo, il paesaggio mi lascia senza parole. Sopra un vero e proprio specchio di acqua immobile sembrano espandersi come per magia due alberi, uno che si erge verso il cielo, mentre un altro che scende nel fondo della terra. Artadji, prende una pietra e la lancia nel mezzo, rompendo lo specchio e rivelando l’inganno di Morgana ai nostri occhi, lasciando solo gli alberi che prostrano le loro braccia al cielo, ma solo per un attimo. Fata Morgana ricompone subito lo specchio e il regno magico della Mangrovia ritorna al suo silenzio…



sabato 29 giugno 2013

Sicurezza sul lavoro II...


Oggi ci siamo presi una giornata di pausa e mentre stavo passeggiando per la strada, non potevo fare a meno di notare alcuni lavori in corso lungo una grande parete vicino all’universita’ e soprattutto notavo come tutte le leggi sulla sicurezza sono applicate qui alle Comore in modo rigoroso per permettere a tutti i lavoratori di svolgere le loro mansioni senza infortuni o incidenti: leggete qualche esempio…

La squadra lavori deve buttare giu’ un vecchio muretto e costruirne uno nuovo. La prima fase, sapientemente diretta dal capo cantiere (notare: unico comoriano con scarpe anti-infortunistica, caschetto e giubbotto catarifrangente), prevedeva l’abbattimento del vecchio muretto. Ecco arrivare una vecchia, ed arrugginita ruspa, guidata da un minuscolo comoriano in canottiera e infradito che comincia ad abbattere il vecchio muretto.

Appena terminata la prima fase ecco pronta una squadra di decine di uomini che comincia a raccogliere i calcinacci composti di pietre di tagliente pietra lavica, ciascuna pesante almeno cinque chili, chi scalzo, chi in ciabatte di gomma, ovviamente a mani nude e senza nessuna mascherina per la polvere. In pratica un paziente esercito di formiche che riempie sacchi di pietre in mezzo ad una nuvola di polvere…

Comincia poi la terza e ultima fase, la costruzione. Il nostro capo cantiere traccia rigorosamente a occhio e a spanne le dimensioni del muro che dovra’ essere eretto e poi comincia la mescola della malta, rigorosamente a mano. Viene preso un enorme catino dove mettere gli ingredienti e a turno i nostri comoriani si armano di un enorme mestolone e mescolano per evitare che la malta si secchi…

Come potete notare ogni fase aveva delle piccole falle nella sicurezza, chissa’ se siete in grado di capire quali. A breve vi racconto una bella officina meccanica…

venerdì 28 giugno 2013

Le colline di Ouroveni...


Oggi e’ la mia ultima uscita qui ad Ouroveni prima della mia partenza e osservo la piccola laguna di fronte a me, mentre il sole cerca di salire dai flutti e ripenso alla mia fortuna; alle centinaia di albe e tramonti che ho visto in mare e non posso fare a meno di sorridere quando salgo in barca per questa mia ultimo giro di giostra ad Ouroveni.

Mentre navighiamo oggi il mare sembra piatto, tanto e’ calmo, ma alle volte qualcosa lo scuote, come se una forza spingesse dell’acqua in alto dalle profondita’ oceaniche. Il senso che si avverte quando si esce qui in barca non e’ lo stesso che si ha ad Itsandra, uno dei nostri luoghi principali di uscite. Ad Itsandra  (una piccola baia dove effettuiamo altre uscite in barca) il comportamento dell’acqua mi ricorda quello del nostro mare, con qualche onda lunga, ma tutto sommato tranquillo.

Qui ad Ouroveni invece appena si supera la barriera corallina che delimita la sua placida laguna il mare sparisce e lascia posto all’oceano. Subito le onde diventano enormi colline di tre metri che si muovono lentamente, senza che nessuno le disturbi, permettono solo alla tua piccola barca di arrampicarsi sopra la loro cresta per poi ridiscendere dolcemente. E’ quando sono sopra la cresta dell’onda, tonda e morbida, che percepisco di essere sopra l’oceano, sconfinato e silenzioso e mentre volgo il mio sguardo ad est ecco il sole salire dalle onde, proprio da dietro una delle colline di Ouroveni…

giovedì 27 giugno 2013

Tempo….


L’uscita di oggi e’ stata particolarmente buona e tra poco torneremo in capitale. Il tempo nel villaggio di Ouroveni sembra cristallizzato, tanto scorre lentamente e oggi abbiamo deciso di fare un giro al villaggio vicino; Chindini. Mentre stavo passeggiando sulla battigia, mi sono ricordato della mia prima esperienza in questo villaggio (Vedi qui) in cui abbiamo dormito con una tenda in spiaggia e a come abbiamo trascorso il tempo…

Gia’ il tempo; in questo luogo il tempo sembra non scorrere mai; come scrissi tempo fa “qui tutto ha una dimensione relativa, di assoluto c’e’ solo la miseria” e il trascorrere delle ore e dei giorni non fa eccezione, tanto sembra dilatarsi da sembrare eterno. Mentre in capitale ci sono degli svaghi possibili, qui nei villaggi non c’e’ nulla da fare, le giornate delle persone sono scandite dalle preghiere e dal loro lavoro ogni giorno, in modo quasi inesorabile…

Le donne si ritrovano per preparare il cibo per la famiglia ed e’ un’attivita’ che richiede tutto il giorno: bisogna andare a prendere la legna, preparare il fuoco, pulire il cibo e cucinarlo. Gli uomini invece lavorano tutto il giorno e s’incontrano nella moschea durante le preghiere. Quando non si svolgono queste attivita’ le persone stanno sedute e aspettano, che arrivi qualcuno con cui conversare, che il sole tramonti, che arrivi il richiamo del muezzin per la preghiera, o semplicemente aspettano che il tempo passi.

In tutta questa monotonia ci siamo noi, delle meteore impazzite che spezzano la monotonia delle loro esistenze con le nostre vite stravaganti, il nostro linguaggio, il nostro strano lavoro; noi bianchi diamo una sorta di accelerazione alla loro vita, consci che quando andremo via, la loro ruota della vita rallentera’ improvvisamente.

Mentre pensavo al tempo, ho visto tra le rocce un ammasso di ferro completamente arrugginito, era posto sugli scogli ed era colpito e sommerso ritmicamente dalla risacca; mi dava un senso di ineluttabilita’ che alle volte ti coglie in questi villaggi, cosi’ lontani da noi e dal nostro senso del tempo. Ve lo regalo…