La domenica e’ un giorno particolare per me qui in Africa. Non solo perche e’ un giorno di riposo, ma perche’ di solito e il giorno in cui me ne sto da solo, o al massimo ho un fugace incontro pomeridiano con Artadji. Ma oggi il mio studente e’ via per un matrimonio di alcuni suoi parenti. Ha provato a spiegarmi chi sono, ma non ho capito bene se fossero cugini vicini o lontani; per capire bene o sei africano e sai districarti in una fittissima ragnatela di relazioni familiari, oppure ti ci vuole un’equazione differenziale. La cosa incredibile e’ che e’ venuto a chiedermi il permesso di andarci, perche’ si sente responsabile della mia permanenza qui: ovviamente gli ho detto che non c’era nessun problema e che portasse gli auguri di felicita’ e prosperita’ agli sposi.
Ieri sera ero spossato, talmente tanto che alle 10 gia’ dormivo della grossa e quindi stamane alle 6 ero gia’ in piedi. L’idea di andare a fare immersione e’ stata abbandonata quasi subito dato che nere nuvole sopra il vulcano assicuravano l’arrivo della pioggia. Quindi decido di dedicare la mattina al riordino di dati, di files sparsi qui e la’, insomma cerco di porre un po’ di “ordine e disciplina”, parafrasando un mio amico di Bolzano. Arriva l’ora di pranzo e dopo un collegamento fugace davanti al mio albergo di fiducia, in cui non hanno cambiato la password, ma hanno lasciato la WI-FI a libero accesso; evidentemente dopo l’ennesimo black-out si sono dimenticati di risettare il mdem,. Ritorno al mio alloggio giusto in tempo per evitare la pioggia che comincia a scendere…
Questa pioggia e’ diversa dal solito. Non e’ un acquazzone liberatorio che dopo un’ora termina. Questa e’ fine, lenta, fastidiosa perche’ contribuisce a rendere la giornata uggiosa, contornata da questo cielo plumbeo che non mi ha abbandonato per tutta la domenica. Sono rimasto per almeno un’ora qui seduto a fissare la pioggia che cadeva in silenzio. Anche se avessi voluto parlare con qualcuno qui al centro la domenica tutti tornano a casa, di solito rimaniamo solo io ed il custode. E’ in momenti come questi che si riflette bene, sulla vita e sul tempo.
Di recente mi hanno chiesto se ho qualche momento di sconforto; ovvio che si, sono un essere umano e ci sono sempre dei momenti difficili nella vita. L’importante e’ riuscire a non farsi sopraffare dallo sconforto e attendere che il momento passi. Oggi e’ uno di quei giorni che avverto maggiormente il peso della solitudine, il mio essere straniero in questo paese. Qui il tempo quasi si cristallizza mentre ripensi alla tua vita, a quello che facevi a casa, a migliaia di miglia da qui. Ma soprattutto ti guardi spesso attorno e vedi un mondo che non e’ il tuo e forse, nemmeno con tutta la forza di cui disponi potrebbe diventare la tua casa per sempre. Se fossi in un qualunque paese europeo probabilmente non avrei questi problemi, ma qui alle volte tutto e’ troppo lento, troppo lontano, troppo diverso, troppo africano…
Definirsi cittadini del mondo e’ una bellissima espressione che spesso viene detta per darsi un tono ( ho imparato che bisogna essere onesti con se stessi), ma che serve per dimostrare apertura mentale, tolleranza e adattabilità. Credo che ogni viaggiatore (non turista, il turista staziona in un posto osservando il contorno preparato, mentre il viaggiatore si immerge sporcandosi nel posto che vuole conoscere) sia per brevi periodi della sua vita cittadino di questo pianeta, ma credo che non lo possa essere per sempre; penso che ognuno di noi necessita di un luogo che sia suo nel mondo da chiamare “casa”. Qui in Africa in questi momenti di “tempo fermo” ho modo di riflettere su quale sia il mio posto. Credo che ricordero’ per sempre questa mia prima esperienza africana e penso (spero) che mi fara’ diventare una persona migliore…
Ieri sera ero spossato, talmente tanto che alle 10 gia’ dormivo della grossa e quindi stamane alle 6 ero gia’ in piedi. L’idea di andare a fare immersione e’ stata abbandonata quasi subito dato che nere nuvole sopra il vulcano assicuravano l’arrivo della pioggia. Quindi decido di dedicare la mattina al riordino di dati, di files sparsi qui e la’, insomma cerco di porre un po’ di “ordine e disciplina”, parafrasando un mio amico di Bolzano. Arriva l’ora di pranzo e dopo un collegamento fugace davanti al mio albergo di fiducia, in cui non hanno cambiato la password, ma hanno lasciato la WI-FI a libero accesso; evidentemente dopo l’ennesimo black-out si sono dimenticati di risettare il mdem,. Ritorno al mio alloggio giusto in tempo per evitare la pioggia che comincia a scendere…
Questa pioggia e’ diversa dal solito. Non e’ un acquazzone liberatorio che dopo un’ora termina. Questa e’ fine, lenta, fastidiosa perche’ contribuisce a rendere la giornata uggiosa, contornata da questo cielo plumbeo che non mi ha abbandonato per tutta la domenica. Sono rimasto per almeno un’ora qui seduto a fissare la pioggia che cadeva in silenzio. Anche se avessi voluto parlare con qualcuno qui al centro la domenica tutti tornano a casa, di solito rimaniamo solo io ed il custode. E’ in momenti come questi che si riflette bene, sulla vita e sul tempo.
Di recente mi hanno chiesto se ho qualche momento di sconforto; ovvio che si, sono un essere umano e ci sono sempre dei momenti difficili nella vita. L’importante e’ riuscire a non farsi sopraffare dallo sconforto e attendere che il momento passi. Oggi e’ uno di quei giorni che avverto maggiormente il peso della solitudine, il mio essere straniero in questo paese. Qui il tempo quasi si cristallizza mentre ripensi alla tua vita, a quello che facevi a casa, a migliaia di miglia da qui. Ma soprattutto ti guardi spesso attorno e vedi un mondo che non e’ il tuo e forse, nemmeno con tutta la forza di cui disponi potrebbe diventare la tua casa per sempre. Se fossi in un qualunque paese europeo probabilmente non avrei questi problemi, ma qui alle volte tutto e’ troppo lento, troppo lontano, troppo diverso, troppo africano…
Definirsi cittadini del mondo e’ una bellissima espressione che spesso viene detta per darsi un tono ( ho imparato che bisogna essere onesti con se stessi), ma che serve per dimostrare apertura mentale, tolleranza e adattabilità. Credo che ogni viaggiatore (non turista, il turista staziona in un posto osservando il contorno preparato, mentre il viaggiatore si immerge sporcandosi nel posto che vuole conoscere) sia per brevi periodi della sua vita cittadino di questo pianeta, ma credo che non lo possa essere per sempre; penso che ognuno di noi necessita di un luogo che sia suo nel mondo da chiamare “casa”. Qui in Africa in questi momenti di “tempo fermo” ho modo di riflettere su quale sia il mio posto. Credo che ricordero’ per sempre questa mia prima esperienza africana e penso (spero) che mi fara’ diventare una persona migliore…
Si avere un posto da chiamare casa è importante ... te lo dice una che non sente di avere una casa ....
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