Oggi non ho messo la sveglia, e non ho nemmeno sentito il muezzin. Quando mi sono alzato ho provato un certo sollievo non avendo piu’ dolore nè alle spalle nè alle ginocchia, sebbene abbia le gambe pesanti come tronchi. Oggi devo fare poche cose e riposero’, ma soprattutto oggi arriva Tsamaraso, una dei superboss del progetto, quindi si parlera’ italiano. Scendere le scale non e’ molto semplice, ma mi aspetta un viaggio in macchina ristoratore. Quando arrivo all’aereoporto resto sorpreso: all’atterraggio del mio volo non mi ricordavo tutta questa gente, ma soprattutto tutto questo trambusto.
L’aeroporto africano e’ un piccolo rione. Immancabili signore allestiscono banchetti improvvisati vendendo banane, sigarette, arachidi e acqua. C’e’ un calore incredibile attorno a chi parte e a chi arriva, ma quello che mi lascia senza parole avviene poco dopo. Un folto gruppo di persone prende dai propri bagagli dei tamburi e comincia una melodia ritmica a cui poco dopo fanno eco dei canti. Mi avvicino incuriosito e ho la fortuna di assistere alla “Scigoma’” una danza tipica delle Comore.
In una terra povera come l’Africa, in cui molte cose sono rimaste ferme a centinaia di anni fa, gli strumenti musicali sono i piu’ semplici che si possano trovare e sono tre: la voce, le percussioni ed il corpo. Non il nostro sgraziato, flaccido e bianco corpo di Muzungu, ma quello tonico e slanciato dei comoriani, dotato di una grazia incredibile. Spesso le danze tribali raccontano di eventi passati, guerre, raccolti. Non so di preciso cosa si celebra nella rappresentazione che ho di fronte, so solo che e’ meravigliosa.
Corpi che si muovono perfettamente al ritmo dei tamburi e dei canti; 6 ragazzi che s’inginocchiano e danzano come se fossero snodati. Non si muovono ascoltando il ritmo, e’ come se ogni singolo muscolo avesse dentro di se la musica, devono solo farla uscire. Tutto questo mi da un’emozione potente che mi fa sgorgare qualche lacrima, tanta e’ la forza che trasmette. Durante la danza poi un gruppo di donne inneggia agli uomini, i soli che possono danzare, con urla stridule. E’ un grido acuto che sa di liberatorio, simile a quello che fanno le donne libanesi nelle cerimonie nuziali (vi consiglio di vedere il film “Caramel”) ed e’ bello vedere le due meta’ del cielo che si toccano anche oggi qui in Africa…
L’aeroporto africano e’ un piccolo rione. Immancabili signore allestiscono banchetti improvvisati vendendo banane, sigarette, arachidi e acqua. C’e’ un calore incredibile attorno a chi parte e a chi arriva, ma quello che mi lascia senza parole avviene poco dopo. Un folto gruppo di persone prende dai propri bagagli dei tamburi e comincia una melodia ritmica a cui poco dopo fanno eco dei canti. Mi avvicino incuriosito e ho la fortuna di assistere alla “Scigoma’” una danza tipica delle Comore.
In una terra povera come l’Africa, in cui molte cose sono rimaste ferme a centinaia di anni fa, gli strumenti musicali sono i piu’ semplici che si possano trovare e sono tre: la voce, le percussioni ed il corpo. Non il nostro sgraziato, flaccido e bianco corpo di Muzungu, ma quello tonico e slanciato dei comoriani, dotato di una grazia incredibile. Spesso le danze tribali raccontano di eventi passati, guerre, raccolti. Non so di preciso cosa si celebra nella rappresentazione che ho di fronte, so solo che e’ meravigliosa.
Corpi che si muovono perfettamente al ritmo dei tamburi e dei canti; 6 ragazzi che s’inginocchiano e danzano come se fossero snodati. Non si muovono ascoltando il ritmo, e’ come se ogni singolo muscolo avesse dentro di se la musica, devono solo farla uscire. Tutto questo mi da un’emozione potente che mi fa sgorgare qualche lacrima, tanta e’ la forza che trasmette. Durante la danza poi un gruppo di donne inneggia agli uomini, i soli che possono danzare, con urla stridule. E’ un grido acuto che sa di liberatorio, simile a quello che fanno le donne libanesi nelle cerimonie nuziali (vi consiglio di vedere il film “Caramel”) ed e’ bello vedere le due meta’ del cielo che si toccano anche oggi qui in Africa…
Nessun commento:
Posta un commento