Alla fine e’ successo; l’italiano medio che e’ in me alla fine e’ uscito e alla luce del tramonto sull’Oceano Indiano ho cucinato PASTA AL TONNO!
La notte aveva portato un’altra pioggia ruggente ma con una sostanziale differenza logistica. Questa volta non sono nel mio alloggio , una solida struttura in cemento armato, ma in una casa con il tetto in lamiera e devo dire che questa volta ho avuto un po’ di paura. Quando la pioggia ha raggiunto la sua massima vigoria ho illuminato la lamiera con la mia torcia e l’ho vista incurvarsi sotto il peso dell’acqua e gocciolare in alcuni punti. Tadji intanto dormiva della grossa mentre io gia’ mi vedevo nuotare a stile libero sul materasso; finche’ dopo una decina di minuti la situazione si e’ normalizzata e un piacevole ticchettio ha conciliato il sonno. Al mattino ho poi chiesto ad Artadji se il tetto della capanna poteva piegarsi del tutto e praticamente caderci addosso. Lui ha guardato il tetto e tranquillamente ha detto “No, non credo… ma alle volte puo’ succedere …”. Un brivido mi e’ corso lungo la schiena…
Dopo un’infelice mattinata di osservazione torniamo “con le pive nel sacco” verso il nostro alloggio e sulla strada ci fermiamo nell’unico negozio del villaggio ed e’ in quel momento che vedo una confezione di penne rigate e delle scatole che sembrano del tonno. Al che mi viene un’idea “perche’ non cucinarsi una bella pasta al tonno?”. Il problema e’ trovare pentole, stoviglie, praticamente tutto ma Artadji mi fa notare che possiamo chiedere a qualcuno che non avra’ problemi a prestarcele. Immediatamente acquisto la pasta e le scatolette e ci prepariamo per la sessione di avvistamento del pomeriggio. La pioggia comincia a darci qualche problema e siamo costretti a spostarci spesso sotto le palme e come se non bastasse di animali nemmeno l’ombra, tanto che sto cominciando a dubitare che questo posto si chiami la Baia dei Delfini. Ma non mi perdo d’animo, questa sera mi cucinero’ penne col tonno.
Arriviamo e durante la preghiera delle 18 comincio i preparativi; accendo un arcaico fornello a gasolio perche’ il fuoco principale (a legna) viene usato dalla moglie del custode. Metto l’acqua a bollire in una pentola tutta incrostata che penso sia fatta di latta da quanto e’ leggera, ma siamo in africa, non mi formalizzo di certo. Non ho padelle o simili quindi mi devo adattare a sminuzzare il tonno nel piatto e poi “saltarlo” nella pentola assieme alla pasta. Tadji di ritorno dalla preghiera prepara del Putu (una spezia piccante) per insaporire un po’ la pasta e dopo una bella scottata sul fuoco ecco pronta una “basgiola” (termine bresciano che indica una zuppiera gigante: Clelia docet) di penne rigate al tonno!
La notte aveva portato un’altra pioggia ruggente ma con una sostanziale differenza logistica. Questa volta non sono nel mio alloggio , una solida struttura in cemento armato, ma in una casa con il tetto in lamiera e devo dire che questa volta ho avuto un po’ di paura. Quando la pioggia ha raggiunto la sua massima vigoria ho illuminato la lamiera con la mia torcia e l’ho vista incurvarsi sotto il peso dell’acqua e gocciolare in alcuni punti. Tadji intanto dormiva della grossa mentre io gia’ mi vedevo nuotare a stile libero sul materasso; finche’ dopo una decina di minuti la situazione si e’ normalizzata e un piacevole ticchettio ha conciliato il sonno. Al mattino ho poi chiesto ad Artadji se il tetto della capanna poteva piegarsi del tutto e praticamente caderci addosso. Lui ha guardato il tetto e tranquillamente ha detto “No, non credo… ma alle volte puo’ succedere …”. Un brivido mi e’ corso lungo la schiena…
Dopo un’infelice mattinata di osservazione torniamo “con le pive nel sacco” verso il nostro alloggio e sulla strada ci fermiamo nell’unico negozio del villaggio ed e’ in quel momento che vedo una confezione di penne rigate e delle scatole che sembrano del tonno. Al che mi viene un’idea “perche’ non cucinarsi una bella pasta al tonno?”. Il problema e’ trovare pentole, stoviglie, praticamente tutto ma Artadji mi fa notare che possiamo chiedere a qualcuno che non avra’ problemi a prestarcele. Immediatamente acquisto la pasta e le scatolette e ci prepariamo per la sessione di avvistamento del pomeriggio. La pioggia comincia a darci qualche problema e siamo costretti a spostarci spesso sotto le palme e come se non bastasse di animali nemmeno l’ombra, tanto che sto cominciando a dubitare che questo posto si chiami la Baia dei Delfini. Ma non mi perdo d’animo, questa sera mi cucinero’ penne col tonno.
Arriviamo e durante la preghiera delle 18 comincio i preparativi; accendo un arcaico fornello a gasolio perche’ il fuoco principale (a legna) viene usato dalla moglie del custode. Metto l’acqua a bollire in una pentola tutta incrostata che penso sia fatta di latta da quanto e’ leggera, ma siamo in africa, non mi formalizzo di certo. Non ho padelle o simili quindi mi devo adattare a sminuzzare il tonno nel piatto e poi “saltarlo” nella pentola assieme alla pasta. Tadji di ritorno dalla preghiera prepara del Putu (una spezia piccante) per insaporire un po’ la pasta e dopo una bella scottata sul fuoco ecco pronta una “basgiola” (termine bresciano che indica una zuppiera gigante: Clelia docet) di penne rigate al tonno!
In quel momento mi siedo e contemplo la zuppiera mentre attendo che i miei commensali tornino dall’ultima preghiera. Appena li sento arrivare chiedo con orgoglio “Karibu” e loro rispondono in coro “Sterele” e quando si siedono mi sento un misto tra Alberto Sordi e Paolo Villaggio. Si perche’ mentre porto il pasta alla bocca il primo pensiero e’ “Maccherone tu mai provocato? E I me te magno”, mentre il secondo e di fantozziana memoria. Infatti anche se mi manca il vestaglione di flanella, birrone da litro, la finale di coppa del mondo dell’Italia e rutto libero oggi mi sento un po’ vicino a casa…
Nessun commento:
Posta un commento