Questa bellissima opera del filosofo tedesco Immanuel Kant pone alcuni interessanti quesiti e speculazioni sul tema delle reglione, della morale e dell’etica. Ovviamente non sono un filosofo ma sono sempre affascinato dalle religioni come mezzo di indagine razionale per capire i popoli. Oggi sono passato in India e durante il nostro consueto caffe’ e’ cominciato il canto del Mezzin ed e’ stato come il gong dei pugili, ha dato il via ad una interessantissima conversazione sulla religione e questo e’ un po’ il succo (Nota per Tank: scrivendo ho ripensato al “sugo” degli appunti durante l’esame di botanica all’erbario casuale…) del dialogo tra me e il Mercante di Pietre…
Secondo Sangiv la religione non dovrebbe porre dei limiti all’uomo; per lui il richiamo continuo alla preghiera sembra un’imposizione, ma gli faccio notare che rispecchia il senso della religione mussulmana. “Islam” significa abbandono e il “muslim” e’ sottomesso alla volonta’ di un dio trascendente a cui deve solo obbedire. Lui sorride e mi dice che nella sua religione non ci sono delle imposizioni cosi’ rigide e che lui stesso non effettua tutte le preghiere [erche’ ritiene la comunicazione con il divino un fatto assolutamente privato e mi dice sorridendo “non ho mai chiesto niente di materiale per questa vita, ma nelle preghiere cerco un momento di pace, essendo le preghiere per noi anche meditazione, un momento per guardare dentro noi stessi”.
Annuisco e gli dico che apprezzo molto questo pacifico senso meditativo della religione indu’ e lui mi dice che una cosa che non capisce delle grandi religioni monoteiste e’ il motivo per cui cercano la supremazia sugli altri, perche’ c’e’ tutta questa violenza nei loro testi sacri. Lui mi dice che nel Bhagavadgītā non c’e’ tutto questo e che Gandhi stesso ha detto che “Occhio per Occhio rendera’ il Mondo Cieco”. Concordo con lui sul pacifismo, ma gli faccio notare come, anche se nascosta, esista una certa forma di violenza nella relgione induista; un rigido e per certi versi terribile sistema di caste che ha prodotto i Dalit, i senza casta, gli Intoccabili…
“Hai perfettamente ragione” mi risponde e devo ammettere che la sua affermazione mi spiazza inizialmente e dopo un abbondante sorso di caffe’ prosegue.”L’uomo deve capire le barriere che una religione gli impone e cercare di usare la sua capacita’ critica; la religione e’ un prodotto dell’uomo che muore senza gli dei che invece esistono anche senza una religione. La religione fatta dagli uomini non puo’ rimanere immutabile nel tempo, ma avere il coraggio di cambiare , di adeguarsi ai tempi, di vedere nella storia i segni del divino”.
Sangiv poi mi chiede se sono credente e la mia risposta negativa lo sorprende un po’; gli dico che da “accademico” (alle volte sono vanitoso anch’io) credo in quello che i sensi e la ragione capiscono, sebbene sia affascinato dalla religione, dai miti, dalla superstizione come mezzo per comprendere i popoli , ma non sento al momento il bisogno di pregare o di credere in qualche dio. Finisco il caffé e noto che e’ molto tardi e che purtroppo devo andare. Ma mentre mi alzo il mio amico indiano mi stuzzica con questa domanda “Conosci la storia millenaria della mia casta?”. Sorridendo rispondo “Sono pronto ad ascoltarla…”. Percio’ restate in ascolto…
Secondo Sangiv la religione non dovrebbe porre dei limiti all’uomo; per lui il richiamo continuo alla preghiera sembra un’imposizione, ma gli faccio notare che rispecchia il senso della religione mussulmana. “Islam” significa abbandono e il “muslim” e’ sottomesso alla volonta’ di un dio trascendente a cui deve solo obbedire. Lui sorride e mi dice che nella sua religione non ci sono delle imposizioni cosi’ rigide e che lui stesso non effettua tutte le preghiere [erche’ ritiene la comunicazione con il divino un fatto assolutamente privato e mi dice sorridendo “non ho mai chiesto niente di materiale per questa vita, ma nelle preghiere cerco un momento di pace, essendo le preghiere per noi anche meditazione, un momento per guardare dentro noi stessi”.
Annuisco e gli dico che apprezzo molto questo pacifico senso meditativo della religione indu’ e lui mi dice che una cosa che non capisce delle grandi religioni monoteiste e’ il motivo per cui cercano la supremazia sugli altri, perche’ c’e’ tutta questa violenza nei loro testi sacri. Lui mi dice che nel Bhagavadgītā non c’e’ tutto questo e che Gandhi stesso ha detto che “Occhio per Occhio rendera’ il Mondo Cieco”. Concordo con lui sul pacifismo, ma gli faccio notare come, anche se nascosta, esista una certa forma di violenza nella relgione induista; un rigido e per certi versi terribile sistema di caste che ha prodotto i Dalit, i senza casta, gli Intoccabili…
“Hai perfettamente ragione” mi risponde e devo ammettere che la sua affermazione mi spiazza inizialmente e dopo un abbondante sorso di caffe’ prosegue.”L’uomo deve capire le barriere che una religione gli impone e cercare di usare la sua capacita’ critica; la religione e’ un prodotto dell’uomo che muore senza gli dei che invece esistono anche senza una religione. La religione fatta dagli uomini non puo’ rimanere immutabile nel tempo, ma avere il coraggio di cambiare , di adeguarsi ai tempi, di vedere nella storia i segni del divino”.
Sangiv poi mi chiede se sono credente e la mia risposta negativa lo sorprende un po’; gli dico che da “accademico” (alle volte sono vanitoso anch’io) credo in quello che i sensi e la ragione capiscono, sebbene sia affascinato dalla religione, dai miti, dalla superstizione come mezzo per comprendere i popoli , ma non sento al momento il bisogno di pregare o di credere in qualche dio. Finisco il caffé e noto che e’ molto tardi e che purtroppo devo andare. Ma mentre mi alzo il mio amico indiano mi stuzzica con questa domanda “Conosci la storia millenaria della mia casta?”. Sorridendo rispondo “Sono pronto ad ascoltarla…”. Percio’ restate in ascolto…