sabato 30 aprile 2011

Pausa...

Dopo la giornata di ieri ho deciso che oggi mi prendo una pausa da ogni avventura, basta autobus, delfini, albe e avventure. Oggi ho voglia di una banale giornata per quanto possa essere tranquilla una giornata qui in Africa. Infatti decido al pomeriggio di andare a fare alcuni acquisti perche’ mi serve del materiale per la ricerca sul campo. Mi accompagna Tadji per il Wallo il supermega bazar  galattico della capitale; vi lascio immaginare che razza di bolgia ci puo’ essere li il sabato pomeriggio. Ho come un presentimento che la mia Baraka non fosse d’accordo sul trascorrere la giornata in tranquillita’ e dato che alla Baraka (e al cuor) non si comanda seguo impassibile lo sviluppo degli eventi.

L’oggetto dei miei desideri in questione e’ un puro e semplice piombo per pescare, necessario per mantenere perpendicolare alla barca uno strumento; se fossi in Italia andrei in un negozio di articoli sportivi e lo troverei senza problemi, ma qui in Africa che fare? L’unica soluzione e’ girare per tutti i negozi che qui vendono ogni cosa, dalle maniglie per le porte alla farina chiedendo un piombo da pesca. La cosa che mi diverte e’ la curiosita’ che i venditori dimostrano nei miei confronti. All’inizio non riesco a capire il senso di tale sentimento, ma poi Artadji mi illumina. Mi fa notare che per i Comoriani sono un Muzungu e quasi tutti i Muzungu sono francesi. Quindi loro vedono entrare nel loro negozio un francese che dalla Francia va alle Comore per pescare: praticamente un pazzo. Non ci perdiamo d’animo e dopo un po’ troviamo un’indicazione per un enorme negozio che vende tutto per la pesca, ma quando arriviamo lo troviamo chiuso. Alzo gli occhi al cielo chiedendomi se anche questo e’ un segno della mia Baraka, mi sto per rispondere quando il canto del Muezzin interrompe ogni cosa e accompagno Tadji alla moschea. Alcuni fedeli mi chiedono se voglio entrare, ma io declino con cortesia; non essendo credente la reputo un’offesa nei confronti dei veri fedeli. Mi siedo quindi su una panchina e attendo in silenzio.

Osservando il gran numero di fedeli che accorrono mi sovviene una riflessione sul valore sociale della preghiera al di la’ dell'adorazione del divino, che qui in Africa e’ particolarmente forte. Produrre un insieme di gesti, movimenti, canti e parole nello stesso modo e nello stesso tempo unifica un insieme di singoli individui. Una cosa che ho capito delle Comore (e credo dell’Africa intera) e’ che la collettivita’ e’ fondamentale per l’individuo. Il singolo qui non esiste, si e’ vivi se si e’ parte di un gruppo, allora si assume un’identita’ in funzione di esso, non il contrario. Esiste una sorta di paracadute sociale di aiuto continuo e vedendo tutte quelle persone ho riflettuto su quando li unisca anche la preghiera. Essa infatti oltre alla funzione di adorazione del divino ha una funzione di vero e proprio collante sociale che cementifica le relazioni interpersonali. Lo stesso Artadji mi ha poi confermato che quando uno di loro per un determinato motivo non viene alla preghiera alla moschea le persone si interrogano sulle possibili cause e se l’assenza e’ prolungata cominciano a preoccuparsi per lui e a cercarlo per vedere se ha bisogno di aiuto.

Postilla della sera. Ho deciso di provare a collegarmi utilizzando di straforo la wifi dell’albergo dove ho pernottato. Mi posiziono seduto sul marciapiede antistante all’albergo e apro il pc portatile. Quando aggancio la linea scrivo la password che mi sono procurato in modo un po’ rocambolesco. Dato che tutte le volte me la scrivevano loro e non me la lasciavano allora ho deciso di memorizzarne ogni volta qualche cifra finche’ l’ho imparata a memoria. Mentre inserisco il codice mi ronza in testa la sigla di mission impossible e guardo il cielo con un sorriso: adesso sono seduto su un marciapiede in Africa connesso al resto del mondo via Skype. Direi che la musica calza a pennello dato che trovare una connessione gratuita in Africa e’ di per se un po’ una missione impossibile…

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