mercoledì 27 aprile 2011

Inshallah...

Inshallah…

Paese che vai usanze che trovi recita il proverbio. Nella mia permanenza al villaggio ho avuto modo di vedere che succede durante la giornata; la fortuna (o sfortuna) di fare le uscite all’alba per vedere gli animali che passano mi ha dato questa opportunita’ e quindi perche’ lasciarsela sfuggire?

La vita al villaggio si svolge secondo ritmi ben definiti. Esistono due mondi contigui e separati, il mondo maschile e il mondo femminile con precisi compiti. La vita comincia un’ora prima dell’alba con il canto del Muezzin che richiama gli uomini alla moschea, perche’ alle donne questo luogo e’ interdetto, loro rimangono a pregare a casa; la moschea e’ anche il luogo per loro dove ritrovarsi e discutere di problemi del villaggio o di vari argomenti. Gli uomini poi escono con le loro barche e piroghe a escare mentre le donne escono nella foresta a cercare piante e quando fanno ritorno sono tutte assieme all’ombra di tettoie sgangherate o nella cucina comune a pestare cocco, bollire riso, patate o cassava, mentre  parlano tra loro ridendo ed urlando per tutto il tempo. Il mondo maschile e il mondo femminile non vengono mai a contatto tra di loro, se non dopo mezzogiorno. Gli uomini rientrano con le barche per la preghiera di mezzogiorno e poi il villaggio si spegne; tutti si rintanano all’ombra attendendo che finisca il caldo e arrivi il tramonto.

Non e’ poca voglia di fare o altro; dalle 12 alle 17 e’ letteralmente impossibile fare altro se non starsene fermi all’ombra il calore che c’e’ in giro toglie ogni forza e alle volte persino la voglia di parlare. Anche il piu’ piccolo movimento deve essere dosato con cura e lentezza altrimenti decreta un inevitabile bagno di sudore. Io stesso sto imparando adesso a camminare solo negli spazi stretti dove si annidano le correnti di aria fresca o solo all’ombra ma soprattutto piano e vi dico che e’ difficile anche per uno come me che quando cammina va lentissimo; qui sorpasso tutti e mi sembra quasi di correre: anche camminare all’ombra e’ un’arte che questi popoli padroneggiano con maestria. La monotonia del pomeriggio viene interrotta solo dal Muezzin per la preghiera del pomeriggio, circa alle 15:30 e dalle chiacchiere. Perche’ l’unica cosa che si riesce a fare ( ma alle volte fa cosi’ caldo che si sta zitti) e’ parlare. Qui uomini e donne si riuniscono: i due mondi si fanno vicini e si incontrano, poi al tramonto le donne vanno cucinare mentre gli uomini si accingono alla loro quarta preghiera della giornata.

Dopo la quinta preghiera e’ il momento del pasto. Il sole, elemento mortale in Africa, si e’ coricato da tempo e al suo posto c’e’ una piacevole frescura. Non sempre le luci funzionano e quindi in quel caso si accendono delle candele per illuminare la casa. Infatti e’ il momento del pasto, alle volte l’unico pasto di tutta la giornata, preparato dalle donne per gli uomini. Veniamo invitati a cena e vedo che ci sono solo uomini a tavola e chiedo se le donne sono andate a prendere le sedie e mi viene detto che se un uomo ha ospiti a casa allora e’ sconveniente che le donne siano a tavola. Se invece c’e’ solo il marito a casa allora possono sedersi a mangiare anche le donne e i bambini. Mi sento un po’ in colpa quando vedo che ci viene servito il pasto mentre le donne restano fuori della porta, ed entrano solo per sparecchiare.

Sembra di vedere la nostra societa’ ferma ai tempi della seconda guerra mondiale piu’ di 50 anni fa’. Uomini e donne erano divisi da un muro invisibile con compiti precisi e nessuna invasione di campo o discussioni. Ammetto che la situazione mi crea non poco imbarazzo ma cerco di dissimulare; non ha senso porre domande che magari possono sembrare irriverenti, io qui sono un ospite e devo dire che poche volte ho ricevuto tanto calore. Hanno condiviso con me, quel poco che avevano senza che io chiedessi nulla; hanno condiviso con me il loro cibo e hanno cercato di mettermi a mio agio sebbene non ci dessimo molta confidenza; loro sentono che appartengo ad un mondo diverso con logiche e dinamiche per loro non del tutto comprensibili, come del resto anche per me, ma sento che ci potrebbe essere qualche punto di contatto. Loro mi hanno accolto in famiglia solo per il fatto che ero da solo e non considerano una cosa giusta lasciare una persona da sola a se stessa senza aiuto: anche questo succedeva da noi oltre 50 anni fa…

Un fattore che detta fortemente i ritmi di questo luogo e’ la religione. Il mio non vuole essere un discorso di critica, ma solo una constatazione dei fatti. La religione Islamica e’ una religione totalizzante, nel senso che regola tutta la vita e la giornata si basa su ritmi scanditi dalla preghiera del Muezzin, dalla preparazione del cibo secondo certi dettami, ma soprattutto si vede nel modo di affrontare il mondo, gli avvenimenti che incorrono nella vita. Noi europei siamo abituati generalmente ad essere padroni del nostro destino, di poterlo plasmare a nostro piacimento. Qui c’e’ una parola che viene sempre ripetuta alla fine di ogni discorso che volge al futuro ed e’ Inshallah: letteralmente “se dio vuole”. Ma non assume il senso scaramantico con cui spesso viene detto (almeno qui in Italia) senza darci troppo peso. Qui assume un vero e proprio significato di attesa degli eventi perche’ come ha detto il mio studente ”Io non so che puo’ succedere domani, io sono nelle mani di Allah e se domani mi chiama a se questo e’ il suo volere e quindi va bene”. A queste parole sono rimasto di sasso, ma deriva a mio avviso dal modo in cui viene visto l’uomo nella religione Islamica. Islam significa “abbandono” e il muslim e’ sottomesso ad Allah. Si crea quindi la massima distanza tra dio e l’uomo senza possibilita’ di libero arbitrio; ma solo si attende che si compia il suo volere..

Ho provato molti piatti locali in questi giorni e devo dire che su alcuni ho alcune riserve, nel senso che non so quale sara’ l’effetto che potrebbero avere sul mio apparato digerente, perche’ so che prima o poi arrivera’ la diarrea, e’ solo una questione di tempo. Alla fine di un pasto particolarmente gustoso e devo dire abbastanza ricco ho chiesto scherzando ad Artadji, “sopravvivrò all’Africa?”. Lui ha fissato il cielo e la sua risposta e stata da manuale “Tu sopravvivrai Marco… Inshallah”. Ho guardato anche io il cielo e ho sussurrato “Inshallah”…

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