venerdì 29 aprile 2011

Odissea...

Oggi si torna a casa, cioe’ alla mia stanza al centro ricerche (si Viviana, e’ la tua stessa che usavi tu). Sto gia’ assaporando l’idea di un letto dopo 4 giorni in cui ho dormito sul cemento( ho la schiena rotta in cosi’ tanti punti che si possono fare le tessere per giocare a domino) che non mi pongo nemmeno il problema del viaggio sono oramai abituato alle attese lunghe e quindi per cui mi dico “vai tranquillo Marco”. Dopo l’uscita del mattino attendo che Tadji vada a pregare e oggi sara’ una cosa lunga perche’ e’ venerdì, giorno sacro per gli islamici quindi dopo la preghiera c’e’ anche il sermone, quindi almeno un’ora. Finisco di mettere via le mie cose e appena arriva appallottoliamo la tenda e siamo pronti. All’esterno della casa ci sono proprio tutti a salutarci, una cosa meravigliosa. Ci sediamo all’ombra di un baobab e aspettiamo che passi un autobus che vada in capitale. Dopo circa un’ora arrivano una serie di pulmini pieni zeppi di persone; come e possibile mi chiedo. Ma non mi spavento e anzi scherzo con i miei amici al villaggio quando vedo passare una macchina con sopra un bianco lo indico e dico “Muzungu!”. Esplode una risata come un boato a cui fanno eco queste parole “Giusto Marco, adesso sei Comoriano, non sei piu’ un Muzungu”.

Dopo un’altra ora di attesa ed altri autobus persi cominciamo a pensare ad un piano alternativo e per certi versi folle. Ovvero quello di prendere l’autobus che va in senso contrario che e’ sempre passato vuoto, in modo tale di essere gia’ in carrozza quando si riempira’ per andare verso Moroni la nostra meta. Arriva poco dopo un bus vuoto ed io gia’ assaporo il nostro piano diabolico dato che dovremmo allungare solo di 20 minuti. Che stolto l’uomo che non fa i conti con il caso avverso…

Mentre stiamo andando chiediamo al guidatore che succede oggi e ci informa che a Singani (uno dei villaggi sulla strada) si sta svolgendo un funerale di una persona molto importante e quindi ecco il motivo di tutti i pulmini pieni. Ma qui poco dopo il nostro piano va in frantumi. Il nostro guidatore decide di allungare ancora il tragitto e di arrivare fino a Foumboni per riempire per bene il bus, significa re di allungare almeno di un’ora tra andata e ritorno. Maledico me stesso ma ormai non posso farci niente; mi consola solo l’idea di essere su un bus che prima o poi arrivera’ alla capitale, gia’… prima o poi…

Il nostro tour di andata e ritorno si conclude e dopo un’ora circa siamo al punto di partenza, ma su un autobus che va nella direzione corretta, solo che adesso e’ pieno in tutti i suoi 17 posti previsti dalla normativa dell’Aci Comoriana, io sono pigiato sul fondo con le ginocchia in bocca e ho il sedere appoggiato su un sedile sfondato grazie al quale assaporare con dolore ogni buca sulla strada; praticamente ho la stessa sensazione di quando a monopoli ti dicono di andare direttamente a Parco della Vittoria (ovviamente non tuo) con sopra 2 alberghi (non tuoi) senza passare dal via (per ritirare 20 euro o 20000 lire se giocate col vecchio conio). Mentre procediamo il nostro guidatore, che mi da l’idea di essere alquanto avido, decide di sfruttare al meglio lo spazio disponibile nell’abitacolo appena vede un gruppo di persone che chiede di salire. Con abile mossa di tetris incastra altre 4 persone all’interno a cui ne aggiunge 3 agganciate all’esterno. Ovviamente tutto questo rallenta il viaggio; non vi dico che succede quando qualcuno deve scendere. Ad un villaggio uno dei passeggeri ha optato per l’uscita dal finestrino per evitare di far alzare 5 persone che lo guardavano con ferocia e secondo me stavano pensando “Stai forse pensando di scendere?”. In quel momento ho guardato Artadji e assieme ci siamo lasciati andare ad un liberatorio “I love Africa”…

Quando tocchiamo le 3 ore di viaggio ho un miraggio. Credo di essere arrivato, ma il mio studente mi riporta alla triste realta’ dato che mancano ancora due villaggi prima della capitale e comincia pure a piovere. Cerco di capire cosa possa esserci di tanto allucinogeno da provocare delle visioni e lo identifico con il dolore. Vi giuro che non sapevo che potessero esistere tante forme diverse di sofferenza. Seduto per 3 ore su un sedile sfondato a cui hanno sostituito l’imbottitura con una panca di legno ha praticamente distrutto quello che restava di sano delle mie articolazioni inferiori e del bacino. Ad ogni buca (dopo la decima smetti di contarle) il dolore si sviluppa in un punto diverso finche’ quando ogni singola parte dei tuoi arti inferiori ha ricevuto la sua dose di sofferenza hai completato il tuo percorso di espiazione e si aprono per te vie mistiche portano a fantozziani miraggi di salvezza che durano finche’ un’altra buca ti riporta alla dolorosa realta’…

Tutto questo continua finche’, come tutti i fenomeni umani hanno un inizio ed una fine, anche il mio viaggio di ritorno termina e con una graditissima sorpresa. Tutta la mia stanza e’ stata pulita e i miei abiti puliti e stirati. Tutto merito dalla mia Mama comoriana che mi ha adottato. Si perche’ qui c’e’ una signora delle pulizie che adotta i ragazzi che vengono dai villaggi fuori dalla capitale, per cui “Respect the Mama!”. Tutta la mia gioia termina dopo cena quando arriva lei. La temevo piu’ di ogni altra cosa e sapevo che prima o poi avrebbe fatto la su comparsa, era solo questione di tempo e dopo 10 giorni di Africa e’ arrivata(rullo di tamburi e schiamazzi di trombe): la Diarrea! Evidentemente 4 giorni mangiando cibi locali con norme igieniche non sempre impeccabili hanno provato il mio intestino a cui devo aver chiesto evidentemente troppo…

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