sabato 3 dicembre 2011

Gladys...

Ci siamo, siamo in partenza, si ritorna a casa. Dopo un piacevole aereo fino a New York in compagnia di alcuni colleghi, attendo in solitaria il mio volo per Venezia che partira' poco prima di cena. La fame mi attanaglia e decido di prendermi un trancio di pizza a mi avvicino ad uno dei mille punti fast food. Appena e' il mio turno la commessa si chiama Gladys e sembra la classica nera afro-americana di ogni american-movie. Sovrappeso, con un ciuffo immenso di capelli che le copre quasi completamente gli occhi. Prende uno dei tranci di pizza lo mette in forno e attende appoggiandosi ad uno sgabello. 

Si siede pesantemente, visibilmente stanca, ed e' allora che noto sul suo braccio scottature da olio bollente, credo per la cottura delle patatine fritte. Mi guarda per un  attimo ed e' allora che gli chiedo semplicemente "Tired?" (stanca?). Sembra apprezzare questo gesto di umanita' da noi diventato raro e annuisce. Mi dice che e' alla sua decima ora di lavoro, ma che adesso stacca. Prendo la mia pizza e mi siedo ad un tavolo mentre la vedo che tolta la casacca prende la cena per i suoi figli: un set di tranci di pizza e bevande iperzuccherate assortite. Appena arrivera' a casa dovra riscaldare il cibo, perche' ogni giorno Gladys si fa due ore di autobus per andare al lavoro dato che non puo' permettersi una casa a New York, ma sta nelle periferie gonfie di quartieri popolari, ghetti dell'umanita' di serie B...

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