Ketos, per Aristotele è il mostro che abita nel mare e Ludus è il gioco per i latini. Dall'unione di queste mie due grandi passioni che sono una parte importante della mia vita, nasce questo luogo. Un piccolo porto dove racconto avventure. Se vi va accomodatevi...
Il blog riapre, con lentezza... Ma riapre ... accomodatevi...
mercoledì 8 febbraio 2012
domenica 5 febbraio 2012
La Morte e il Tempo...
Oggi la Nera Signora e' passata nella mia vita e mi ha fatto capire una volta di piu' il valore del tempo. L'esistenza che ha cessato di respirare oggi era quasi centenaria e per quanto si possa essere preparati non lo si e' mi abbastanza...
Nel dolore di oggi riflettevo sulla caducita' di questa nostra esistenza e ho ripensato alla mia di vita, in cui data la relativa giovinezza non si pensa alla fine. Leggevo una vecchia frase di Chales Darwin, molto educativa in materia di tempo: "Un uomo che osa sprecare un'ora di vita non ha ancora scoperto il valore della vita". Mai frase sarebbe migliore per valorizzare al meglio le nostre giornate. Oggi, poi la mia meta' del Cielo mi ha parlato di un articolo pubblicato da Michela Murgia che calza a pennello.
Il pezzo riguardava il racconto di un'infermiera che prestava servizio presso una casa di cura per malati terminali e ha raccolto una serie di testimonianze su quali siano i 5 piu' grandi rimpianti ora che l'inevitabile e' giunto e non si ha piu' tempo. Leggeteli, ci potrebbero aiutare a dare un valore maggiore alle nostre esistenze:
1. Avrei voluto avere il coraggio di vivere la vita che volevo, non quella che gli altri si aspettavano che vivessi.
Questo è il più comune rimpianto per tutti. Quando le persone si rendono conto che la loro vita è quasi finita e guardano al passato con maggiore chiarezza, è facile che vedano quanti dei loro sogni non si sono realizzati. Molte persone non hanno onorato neanche la metà dei desideri che avevano e devono morire sapendo che questo è dipeso dalle scelte che hanno fatto o non fatto. La salute offre una libertà di cui pochissimi si rendono conto, finché non la perdono.
2. Avrei voluto lavorare meno duramente.
Questo rimpianto appartiene soprattutto ai pazienti maschi di cui mi sono presa cura. A causa dell'eccesso di lavoro hanno perso l'infanzia dei figli e goduto poco della compagnia dei partner. Qualche donna a volte parla di questo rammarico, ma come spesso capitava nelle generazioni precedenti, molte di loro non erano capifamiglia su cui si reggeva l'economia familiare. Tutti gli uomini di cui mi sono presa cura rimpiangevano profondamente di aver speso così tanto tempo delle loro vite lavorando come criceti nella ruota.
3. Vorrei aver avuto il coraggio di esprimere i miei sentimenti.
Molte persone soffocano quello che sentono per amor di pace, per evitare conflitti. Il risultato è che vivono un'esistenza fatta di mediocrità e non diventano mai quello che avrebbero potuto essere davvero. Tanti di loro sviluppano relazioni malate a causa dell'amarezza e del risentimento che si portano appresso.
4. Vorrei essere rimasto in contatto con i miei amici.
Spesso queste persone non realizzavano veramente il vantaggio di avere un vecchio amico fino a quando non giungevano alle loro ultime settimane di vite e non era più possibile rintracciarne qualcuno. Molti si sono fatti prendere così tanto dalle loro vite da lasciar perdere amicizie preziose lungo gli anni. È un profondo rimpianto quello di non aver dedicato agli amici il tempo che si meritavano. Tutti hanno nostalgia di un amico vero quando stanno morendo.
5. Avrei voluto permettere a me stesso di essere felice.
Questo è un rimpianto sorprendentemente comune. Molte persone non si rendono conto fino alla fine che la felicità è una scelta. Si adagiano dentro a vecchi schemi e abitudini finché il cosiddetto comfort del quotidiano sommerge le loro emozioni e anche le loro vite fisiche. La paura del cambiamento fa sì che spesso finiscano per fingere con sé stessi e con gli altri che tutto questo basti, che sia sufficiente; ma nel profondo continuano a desiderare una risata vera e un'ultima sciocchezza da fare ancora nella vita.
Questo è il più comune rimpianto per tutti. Quando le persone si rendono conto che la loro vita è quasi finita e guardano al passato con maggiore chiarezza, è facile che vedano quanti dei loro sogni non si sono realizzati. Molte persone non hanno onorato neanche la metà dei desideri che avevano e devono morire sapendo che questo è dipeso dalle scelte che hanno fatto o non fatto. La salute offre una libertà di cui pochissimi si rendono conto, finché non la perdono.
2. Avrei voluto lavorare meno duramente.
Questo rimpianto appartiene soprattutto ai pazienti maschi di cui mi sono presa cura. A causa dell'eccesso di lavoro hanno perso l'infanzia dei figli e goduto poco della compagnia dei partner. Qualche donna a volte parla di questo rammarico, ma come spesso capitava nelle generazioni precedenti, molte di loro non erano capifamiglia su cui si reggeva l'economia familiare. Tutti gli uomini di cui mi sono presa cura rimpiangevano profondamente di aver speso così tanto tempo delle loro vite lavorando come criceti nella ruota.
3. Vorrei aver avuto il coraggio di esprimere i miei sentimenti.
Molte persone soffocano quello che sentono per amor di pace, per evitare conflitti. Il risultato è che vivono un'esistenza fatta di mediocrità e non diventano mai quello che avrebbero potuto essere davvero. Tanti di loro sviluppano relazioni malate a causa dell'amarezza e del risentimento che si portano appresso.
4. Vorrei essere rimasto in contatto con i miei amici.
Spesso queste persone non realizzavano veramente il vantaggio di avere un vecchio amico fino a quando non giungevano alle loro ultime settimane di vite e non era più possibile rintracciarne qualcuno. Molti si sono fatti prendere così tanto dalle loro vite da lasciar perdere amicizie preziose lungo gli anni. È un profondo rimpianto quello di non aver dedicato agli amici il tempo che si meritavano. Tutti hanno nostalgia di un amico vero quando stanno morendo.
5. Avrei voluto permettere a me stesso di essere felice.
Questo è un rimpianto sorprendentemente comune. Molte persone non si rendono conto fino alla fine che la felicità è una scelta. Si adagiano dentro a vecchi schemi e abitudini finché il cosiddetto comfort del quotidiano sommerge le loro emozioni e anche le loro vite fisiche. La paura del cambiamento fa sì che spesso finiscano per fingere con sé stessi e con gli altri che tutto questo basti, che sia sufficiente; ma nel profondo continuano a desiderare una risata vera e un'ultima sciocchezza da fare ancora nella vita.
Buona vita...
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